1. 
            L'angolatura del discorso        
             
                   
            Il nostro tema 
            comprende tante dimensioni da farcelo ritenere assai complesso: tant'è 
            che, per meditarci sopra equilibratamente, cioè evitando pericolose 
            riduzioni, di per sé, sarebbe necessario rispondere a diverse impegnative 
            domande; ad esempio, a queste: esiste un progetto di Dio nella storia 
            degli uomini? Se esiste, di che natura è questo progetto? Se questo 
            progetto esiste, I'uomo è chiamato a collaborarvi? ed a quali condizioni 
            e a quali livelli e per quale fine?1 
                   
            Noi diamo per risolte 
            queste domande nel convincimento che esiste un progetto di Dio che 
            riguarda la storia clegli uomini, che esso ha finalità dossologico-soteriologica2, 
            che all'attuazione del quale l'uomo è chiamato a collaborare con tutto 
            se stesso3. Il nostro intervento 
            perciò non riguarda un 
            livello essenziale 
            del discorso (che esista un progetto storico di salvezza e che dobbiamo 
            collaborarvi); esso invece, riguarda un livello modale: come collaborare 
            a questo progetto di: Dio. Anzi, neppure si tratta di una modalità 
            generica, ma di una modalità specifca: ci interroghiamo sul come possiamo 
            collaborare a questo progetto salvifico ispirandoci a Maria. Il nostro 
            discorso - che sarà un teologizzare amabile e tranquillo, come si 
            conviene quando si parla di Maria - intende risultare, in un certo 
            senso, un congiungimento tra mariologia e teologia della liberazione 
            e della speranza4. 
      2. 
              Il rapporto fra il mistero di Maria e la realtà storico-secolare 
               
                  Prima 
            di chiederci come Maria possa ispirarci nella nostra collaborazione 
            al piano storico di Dio in termini di liberazione e di speranza, chiediamoci 
            se c'è e com'è il rapportoc: fra mistero di Maria e realtà storico-secolare. 
                   
            Le realtà terrestri, oltre a possedere valori immanenti e autonomi 
            (cf GS 36), sono anche realtà relazionali: sono 
            in  fatti in relazione con l'uomo (cf AA 7; GS 55), 
            con Dio (cf; : GS 36; DV 3), con Cristo (cf 
            LG 7; AG 3; GS 65; AA 5), con lo Spirito (cf 
            AG 4; GS 26), con la Chiesa (cf IM 
            3; AA 6-7; GS 42). In tale contesto ci 
            si può chiedere: non c'è nesuna relazione fra mistero mariano e realtà 
            storico-secolare?  È una domanda a cui qui s'intende dare una risposta 
            assai breve, ma, ad un tempo, il più possibile precisa perché da essa 
            può venire una buona illuminazione al nostro prospetta-to problema: 
            quale ispirazione Maria può darci nello stabilire il nostro rapporto 
            di liberazione e di speranza con il mondo all'interno del progetto 
            di Dio? 
                   
            Per vedere quale sia stato 
            il rapporto Maria-mondo ci sembra utile tentare una particolare lettura 
            di due soli privilegi mariani: I'Immacolata Concezione e l'Assunzione. 
                   
            C'è del paradossale: 
            proprio il dogma dell'Immacolata Concezione che sembra separare Maria 
            dal mondo e addirittura dalle sorti dell'umanità, offre la possibilità 
            di una lettura e di una interpretazione in termini di liberazionepromozione 
            della realtà storico-secolare: «In Maria l'immacolata concezione non 
            diventa un sistema, una struttura, un uso o una tradizione che la 
            separa dagli uomini»5. L'Immacolata 
            è la creazione senza peccato, cioè integra, senza difetti, senza «caduta»; 
            essa è la perfetta creazione parziale quale Dio aveva desiderato fosse 
            la creazione totale. Ma l'Immacolata, con la sua integrità, non ricorda 
            solo come poteva e doveva essere- se l'uomo fosse rimasto fedele- 
            l'intera creazione, non profetizza anche come questa può e deve diventare. 
            Scrive acutamente Rahner: «L'Immacolata non è unicamente l'ideale 
            che avremmo dovuto raggiungere e che salutıamo da lontano come 
            inaccessibile per sempre. Abbiamo intrapreso più tardi di Maria un 
            cammino seminato di ostacoli: ciò non significa che noi arriveremo 
            solo a metà, se ci salveremo»6. 
            L'Immacolata è l'esempio della perfetta reahzzazione del progetto 
            vocazionale offerto da Dio all'intera realtà storico-secolare. Nell'Immacolata 
            è possibile vedere a quale vertice Dio ha inteso portare (già in Maria), 
            e intende portare (in noi) l'intera creazione; l'Immacolata pertanto 
            è la meta che indica l'integrità a cui Dio vuole riportare, con l'opera 
            salvifica, I'intera realtà creata. L'Immacolata, fra l'altro, e un 
            punto di riferimento obbligato perché l'uomo possa capire se stesso: 
            «Possiano sapere che cosa è l'uomo unica mente tenendo presente... 
            il macchiato di colpa originale e l'Immacolata»7. 
                   
            In essa pertanto 
            «l'uomo contempla la sua perfezione: quella di essere lo specchio 
            puro entro il quale Dio ammira con compiacenza la storia che per la 
            sua benevolenza ha creato e nella quale Egli riflette la sua immagine 
            eterna»8. 
                   
            L'Immacolata è 
            «fiaccola sopra il moggio», «citt' sul monte» non solo per i cristiani, 
            ma attraverso questi, per tutti gli uomini e per l'intera realtà storico-secolare. 
            Il cristianesimo, nel suo dialogo con il mondo, può presentare Maria 
            Immacolata, fra l'altro, come tipo nel quale si compendiano tutti 
            i desideri d'integrità e di pienezza coltivati da tutti i cercatori 
            di Dio (anche da quelli anonimi), e, ad un tempo, come il tipo nel 
            quale si compendia l'accoglimento di tali desideri da parte di Dio. 
            L'Immacolata è la sintesi simbolica di tutte le domande esistenziali 
            nate dal cuore degli uomini ed è anche la sintesi simbolica di tutte 
            le rispOste date da Dio ad esse. L'Immacolata inoltre è la grazia 
            redentrice più piena e più ricca fatta da Dio all'uomo, che ha trovato, 
            per contro, la risposta più piena e più ricca da parte della creatura. 
            L'Immacolata Concezione, come tipo di una risposta completa alla domanda 
            vocazionale di Dio, si fa, in termini negativi, critica radicale di 
            ogni esistenza colpevolmente irrealizzata e alienata, di ogni vita,-anche 
            associata -inautentica e falsa; in più, essa si fa critica radicale 
            di tutti gli atteggiamenti fatalistici e rassegnati di fronte al peccato 
            personale, comunitario, delle strutture, e altresì delle opere e dei 
            progetti spersonalizzati o comunque carenti d'integrità. Essa è la 
            proclamazione profetica che, come per Maria, un giorno tutto è stato 
            buono, così, in maniera diversa, anche per noi tutto sarà buono9. 
                   
            La verità di fede 
            nell'Assunzione è - forse senza una piena ed esplicita avvertenza 
            - una pietra di paragone per il pensiero cristiano contemporaneo e 
            per le scelte dei cristiani, specie per quelle di tipo storico-secolare. 
            Maria Assunta è l'icona della creazione trasfigurata, pienamente realizzata 
            e glorificata. Le attuali fragilità e incompletezze della creazione 
            sono destinate ad essere definitivamente superate; di questo superamento 
            Maria, con la sua Assunzione è l'annuncio profetico e l'anticipazione: 
            «Oggi i cori di fuoco degli spiriti vedono la nostra natura d'argilla 
            e tremano», canta un inno arnmeno nella festa dell'Assunzione di Maria10. 
            Soprattutto nella patristica orientale e nella teologia russa della 
            trasfigurazione, si è conservato questo profondo pensiero del rapporto 
            fra l'Assunzione e la realtà storico-secolare: la Vergine, Madre del 
            genere umano, resta in cielo trasfigurata. Ella santifica tutto il 
            mondo naturale, in lei e per mezzo di lei l'umanità arriva alla sua 
            trasfigurazione11. 
                   
            L'Assunzione, rappresentando 
            lo stadio ultimo della salvezza di Maria, è, a sua volta, paradigma 
            della salvezza cristiana che concepisce la salvezza in termini d'integrità, 
            cioè come salvezza dell'uomo intero. La salvezza di Maria è una verità 
            estensiva della densità della salvezza cristiana: questa non e concepita 
            angelisticamente (perché l'uomo non è un angelo), ma è comprensiva 
            di molteplici dimensioni: da un lato include e ingloba la dimensione 
            cosmico-temporale, dallaltro sfugge ad un'ermeneutica storico-secolare 
            che escluda o tenga in poca evidenza l'aspetto spirituale-mistico 
            della comunione con Dio. L'Assunzione di Maria si presenta come il 
            'concreto' confronto cristiano con il pensiero utopico facendosene 
            critica radicale12 in quanto 
            dell'utopia rifiuta la troppo breve parabola, il cui 'vettore' di 
            speranza si confıcca mesorabılmente, con caduta assaı 
            rattrıstante, neı cimiteri degli uomini, che, se non recano 
            i segni della resurrezione, quelli della morte non possono non essere 
            e non apparire che disperanti. Maria, con la sua Assunzione, cioè 
            con il suo ingresso nel Regno, celebra pertanto la liberazione piena 
            e radicale dell'uomo, perciò tale da affrancare non solo dalla cattività 
            di natura economico-politico-culturale, ma anche dal gancio schiavizzante 
            della morte13. 
                   
            L'Assunzione di 
            Maria è la concreta dimostrazione di fede di quanto pensi il cristianesimo 
            sul 'destino' dell'uomo: I'uomo è fatto per un altro mondo, che non 
            è la contraddizione di quello che stiamo vivendo, che anzi è da questo 
            preparato e meritato, che però a questo non è riducibile e per questo 
            non può essere dimenticato. L'Assunzione di Maria è la 'concreta' 
            soluzione cristiana data al problema dell'uomo in rapporto alla storia 
            e della storia in rapporto all'uomo. Per il cristianesimo l'uomo deve 
            fecondarsi nell'azione del tempo destinato a sfociare nell'eternità 
            e non isterilirsi nel tempo che passa. Con l'Assunzione di Maria il 
            cristianesimo proclama che l'uomo 'merita' di più della storia, che 
            la storia non basta all'uomo. Ha un senso cristiano l'affermazione 
            dello Sciacca: «Io con la storia mi accendo la pipa!»14. 
            Dio infatti ha chiamato l'uomo - Maria ha già realizzato con l'Assunzione 
            questa chiamata - ad una esperienza eterna della salvezza, intesa 
            come esistenza integrale, da cui non è escluso un vero umanesirno, 
            sia pure nella forma escatologica15. 
            Maria però non è solo tipo di una salvezza futura; se fosse così, 
            in un qualche modo, non interesserebbe 
            l'uomo perché sarebbe lontano dal presente della storia: l'escatologia 
            cristiana è indissolubilmente escatologia del presente e del futuro 
            anticipato nel presente; pertanto «la speranza di Maria» si pone in 
            rapporto con la speranza di Gesù, con quella della Chiesa con quella 
            del mondo16. 
                   
            Infine, l'Assunzione 
            di Maria possiede un'altra forte sollecitazione da far vibrare nei 
            confronti del pensiero e della prassi utopici contemporanei. Con essa 
            il cristianesimo confessa, di fronte alla storia, di credere non solo 
            alla dignità della comunita degli uomini, ma anche in quella d'ogni 
            singolo uomo. L'Assunzione di Maria è l'evento salvifico tipico per 
            tutta la Chiesa, ma è pur sempre la salvezza di Maria di Nazareth: 
            della sua singola e singolare esistenza17. 
            Dio perciò ci salva singolarmente: non salva all'ingrosso; non solo 
            gli uomini illustri, ma tutti: «Cesare e lo schiavo di Cesare» (Sciacca). 
            
      3. 
              Maria segno di liberazione e di speranza  
                  Maria 
            è segno di liberazione anzitutto perché è la madre del liberatore18: 
            per suo tramite è entrato nel mondo Gesù, la salvezza in persona. 
            La maternità salvifica si diffonde per l'intera esistenza del Figlio 
            Redentore: dalla nascita fin sotto la croce, il gesto più liberante 
            compiuto da suo Figlio19. 
                  Questa 
            interpretazione la teologia d'oggi l'ha data soprattutto leggendo 
            in un certo modo il Magnificat. 
                  La 
            teologia contemporanea - non solo quella latinoamericana - ha voluto 
            intrattenersi a commentare in ottica liberatrice il Magnificat. 
            Quest'interpretazione liberatrice dell'inno mariano è iniziata nell'alveo 
            della «teologia della liberazione», ma non si è fermata ad essa: ha 
            interessato anche la teologia europea e non solo quella cattolica, 
            ma anche quella protestante. Il padre della «teologia della liberazione», 
            Gutierrez, cominciò circa quindici anni fa a leggere in prospettiva 
            più storica il Magnificat da lui giudicato come «uno dei testi 
            di maggior contenuto liberatore e politico del Nuovo Testamento»20. 
            Sulla stessa linea di Gutierrez, anche Arturo Paoli, proprio dalla 
            condizione della sorte dei poveri nel continente sud-americano è stato 
            indotto a confessare di aver «compreso un po' più il Magnificat»21. 
            Maria, per quella teologia va diventando segno di liberazione per 
            tutta la chiesa:  
                  
 
               
                «I 
                  poveri stanno seguendo questa immagine di Maria che ci dà il 
                  Vangelo, colei che viene per mettere nella storia il fermento 
                  di liberazione che la smuove dalle fondamenta, e che imprime 
                  nella storia il ritmo del •rovesciare i potenti e sollevare 
                  gli umili'»22.  
               
             
                  Da 
            ultimo Boff ha insistito anch'egli sulla dimensione liberatrice del 
            Magnificat: nella scia e nell'eco delle donne forti dell'Antico 
            Testamento - Miriam, Anna, Giuditta (cf Es 15,20-21; 1 Sam 2,4; Gdt 
            13,17-18 - Maria innalza anch'essa il suo grido di liberazione: 
 
               
                «Ha 
                  sbalzato dal trono i potenti ed ha innalzato gli umili; ha riempito 
                  di beni gli affamati ed ha mandato a mani vuote i ricchi» (Lc 
                  1,52-53).  
               
             
                  Alla 
            obiezione di un'interpretazione che non si può presentare un Dio antiricchi 
            e pauperista, Boff risponde convenendo che il Dio biblico è un «Dio 
            senza discriminazioni»: che fa nascere il sole sui buoni e sui cattivi, 
            fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5,45), ama gli ingrati 
            e i malvagi (Lc 6.,35), ama tutti e tutti avvolge con il suo gesto 
            misericordíoso, perché tutti sono suoi figli, ma afferma che  
             
               
                «in 
                  un mondo, e contraddittorio e disumanizzato, dove vi sono innegabilmente 
                  oppressi e oppressori, la forma dell'amore di Dio è differente... 
                  Sbalza dal trono i potenti perché la smettano di usare il potere 
                  in funzione dei propri Interessi e lo usino a servizio del bene 
                  comune di tutti, e così si mettano in condizione di ricevere 
                  la salvezza. La forma con cui Dio offre loro la possibilità 
                  della salvezza è di togliere loro il potere»23. 
                    
               
             
                  Viene 
              rivisto, in questa prospettiva, anche il concètto di conciliazione 
              e di pace:  
             
               
                «Tra 
                  il progetto di Dio ed il progetto del peccatore non vi è possibilità 
                  di conciliazione. Soltanto la conversione che implica il cambiamento 
                  della maniera di pensare, di agire ed organizzare i rapporti 
                  tra gli uomini e degli uomini con i beni della terra, apre il 
                  cammino per la riconciliazione e per la pace»24. 
                   
               
             
                  Si 
            sottolinea- inoltre la dimensione storico-concreta dell inno mariano 
            mentre se ne critica e se ne respinge il tentativo di una sua riduttiva 
            interpretazione di tipo spiritualizzante: 
 
               
                «La 
                  spiritualizzazione che si è operata dal Magnifcat - connota 
                  ancora Boff - entro il contesto di una spiritualità privatistica 
                  ed intimistica ha finito per svuotarlo di tutto il contenuto 
                  liberatorio e sovversivo nei confronti dell'ordine di questo 
                  mondo decadente, contenuto presente in forma inequivocabile 
                  nell'inno della Vergine»25. 
                   
               
             
            Anche la teologia della 
            speranza si è interessata al Magnificat. Per Moltmann ií cantico 
            di Maria è un inno sovversivo;
 
               
                «È 
                  l'inno di una grande rivoluzione della speranza, poiché questo 
                  Dio nel quale Maria esulta così filialmente, rende supremo ciò 
                  che è infimo... Questo inno risuona come la marsigliese del 
                  fronte cristiano di liberazione, nelle lotte tra le potenze 
                  e gli oppressi di questo mondo»26. 
                   
               
             
                  Anche 
            Moltmann interpreta l'unico amore di Dio per tutti i suoi figli come 
            un amore differenziato che assume forme e finalità diverse 
            a seconda che si tratti di oppressi o di oppressori, di poveri o di 
            ricchi, di umili o di arroganti: 
 
               
                «Egli 
                  (Dio) esalta nella sua grazia gli umiliati e gli offesi, gli 
                  oppressi e gh schiacciati, i disumanizzati; ... d altra parte 
                  egli protesta contro i non-uomini, che distruggono la vita degli 
                  altri con la violenza, la ricchezza, I'egoismo. Egli disperde 
                  i boriosi, affinché da non-uomini diventino uomini. Egli rovescia 
                  dal trono i potenti affinché riscoprano la loro umanità. Rimanda 
                  a mani vuote i ricchi affinché imparino a guadagnare per sé 
                  e per il prossimo»27. 
                   
               
             
                  È 
            ancora un protestante, uno dei grandi spirituali del nostro tempo, 
            a interpretare con forte realismo storico i versetti 51-53 
            del primo capitolo del Vangelo lucano. 
 
               
                «Si 
                  tratta - scriveva nel 1963 Max Thurian - veramente dell'irruzione 
                  del Regno di Dio nell'ordine della creazione decaduta, ove gli 
                  orgogliosi, i potenti e i ricchi hanno sempre l'ultima parola. 
                  Questa irruzione della gloria del Signore nella povertà della 
                  sua serva, implica la dispersione degli orgogliosi, un rovesciamento 
                  di troni e di ricchezze che non possono più prevalere nel Regno 
                  dei poveri innalzati e degli affamati saziati....Giustizia politica 
                  e sociale, uguaglianza di diritti e comunione dei beni, sono 
                  segni della misericordia del Re-Messia, caneati da colei che 
                  è sua madre e 
                  sua serva. Così il Vangelo della salvezza eterna diventa il 
                  Vangelo della liberazione umana»28. 
                   
               
             
                  Il 
            canto di liberazione di Maria è, fra l'altro, un progetto di vita 
            proposto a tutta la comunità messianica, dacché essa non l'ha cantato 
            per sé sola e da sé sola,- ma come donnapopolo, come Figlia di Sion. 
            Perciò Max Thurian collega alla Chiesa la profezia liberatrice del 
            Magnificat: 
 
               
                «Maria, 
                  prima cristiana è anche la prima rivoluzionaria nell'ordine 
                  nuovo. La Chiesa, di cui- la vergine è la figura, non può proclamare 
                  la buona novella della salvezza senza concretare, al tempo stesso, 
                  l'amore di Dio nella difesa della giustizia in favore dei poveri 
                  e degli affamati. La Chiesa è serva del Signore, come Maria, 
                  quando è povera come lei, quando trova la sua gioia' rra i poveri, 
                  quando cerca con essa la loro liberazione. Poiché è questa la 
                  volontà del Signore la sua promessa e il suo ordine nuovo. Come 
                  non se ne compiaceva Maria, la Chiesa non può trovarsi a suo 
                  agio tra gli orgogliosi, i potenti ed i ricchi di questo mondo. 
                  Come Maria, la Chiesa ama i poveri e gli affamati e si rallegra 
                  che nella sua misericordia, il Signore disperda gli orgogliosi, 
                  rovesci i potenti dai loro troni e rinvii i ricchi a mani vuote 
                  perché allora questi orgogliosi, questi potenti, questi ricchi 
                  conosceranno a loro volta la gioia della povertà che può essere 
                  innalzata, della fame che può essere saziata, dal solo Potente, 
                  dal solo Ricco, il Signore glorioso»29. 
                   
               
             
            a..   La 
              speranza-liberazione di Maria 
                     
              si fonda sulla liberazione-speranza del Dio 
              d'Israele  
                  Maria 
            proclama la fede in una speranza-liberazione che si radica nell'esperienza 
            religiosa del suo popolo. Tutta la rivelazione veterotestamentaria 
            ha per oggetto principale un evento decisivo: la liberazione dall'Egitto 
            e l'Alleanza. Ma c'è di più: e l'esperienza dell'esodo 
            il «luogo di nascita» della fede d'Israele, anzi dello stesso Israele 
            in quanto popolo di Dio. Pertanto la storia della liberazione costituisce 
            il credo d'Israele (cf Dt 6,20-24; 26,5-9; Gs 24, 2-13). 
            I Salmi cantano la potenza di Jahvè rivelata nella sua azione liberatrice 
            (cf Sal 78, 106, 135, 136). Maria è l'espressione 
            di un popolo che ha coltivato una vera spiritualità della liberazione 
            e della speranza; il popolo a cui Maria appartiene era un popolo che 
            possedeva, per così dire, una psicologia esodale, perché la íiberazione 
            non ha rappresentato un progetto episodico o marginale, ma, al contrario, 
            un progetto costante e centrale della storia della salvezza; anzi, 
            la liberazione dall'oppressione appare non solo come atto rivelatore 
            di Dio, ma, più ancora, come l'atto col quale Dio inaugura la storia 
            della salvezza (cf Es 3,7-9; 14,30-31). 
                   
            Tutto il rivelarsi di Dio e ií suo rapportarsi al suo popolo avviene 
            in termini di liberazione: progetto che Dio porta avanti mediatamente, 
            attraverso i Giudici e i Re (cf Gdc 2,16-18; 4,12-16; 
            6,7-16; 10,10-16). Jahvè tuttavia, pur agendo mediatamente, 
            resta il vero liberatore d'Israele (cf 1 Sam 8,7-22; 
            10,17-26; 16,13; 2 Sam 3,18; 5,2; 7,8).Jahvè 
            inoltre si mostra liberatore d'Israele in due sensi: nel senso che 
            libera Israele dai suoi oppressori, e nel senso che libera quanti 
            sono oppressi o patiscono ingiustizia dentro lo stesso Israele (cf 
            Sal 76,10; 103,ó; 9,10.13; 10,14.17.18; 40,18; 72,12-14; 
            146,7). 
                   
            In un popolo e da un popolo che ha respirato ideali decisivi di liberazione 
            ed è stato animato per secoli dalla speranza messianica sgorga dal 
            cuore di Maria il canto liberatore del Magnifcat; pertanto, 
            isolare quest'inno della Figlia di Sion dal suo retroterra storico-religioso, 
            è violentare il testo lucano, impedendosi peraltro di comprenderlo. 
            Nel canto di Maria si sente l'ala dei profeti e l'eco dei salmi: i 
            versetti 51-53 del Magnificat ripropongono, quasi letteralmente, 
            una serie di versetti dei Salmi in cui si ripete un tema dominante 
            della teologia e della spiritualità veterotestamentaria: Jahvè è il 
            Dio difensore dei poveri e degli oppressi, colui che condanna 
            l'oppressione e l'ingiustizia (cf Sal 3,3-4.7-11.16-23; 
            74,1; 88,14; 106,9.4-41; 112,7-8)30. 
            
            b.    La 
              liberazione-speranza di Maria si appoggia 
                     alla 
              liberazione-speranza di Gesù 
                  Maria, 
            Madre del Messia, condivide tutto il progetto messianico che, di fatto, 
            è un messaggio di liberazione e di speranza. Già Isaia aveva profetizzato 
            che la missione del Messia futuro sarebbe stata quella di proclamare 
            la giustizia e di liberare gli oppressi (Is 9,56; 11,2.4; 
            61,1; cf anche Sal -72,1-4.12-13); ed 
            inoltre quella di annunziare l'avvento del Regno di Dio quale regno 
            di giustizia e di liberazione degli oppressi (cf Is 24,23; 
            52,7; 49,9-13; 55,1-3; 65,13; 66,10). Il Messia venuto non 
            deluderà le profezie, ma, ponendosi nella loro scia, le` attuerà: 
            farà dell'annuncio del Regno il nucleo centrale del suo messaggio; 
            inoltre, il Regno sarà annunciato da Gesù come la realtà dell'atto 
            nuovo e definitivo della grazia di Dio già presente nel mondo e che 
            tuttavia dovra ancora venire in pienezza, come dono assoluto, alla 
            fine dei tempi (cf Mc 1,14-15; 2,10; 3,23-27; 9,22-24; 
            10,48-52; Lc 4,8; 7,22; 10,23-24; 11,20; 16,16; 7,21; 22,18-30; 
            Mt 11,1-ó; 12,26-28). Gesù, non solo annuncia 
            il Regno, ma offre la sua vita per l'avvento del Regno a vantaggio 
            di tutti (cf Mc 10,45), specie dei più bisognosi. 
            Nel discorso della montagna Gesù proclama che Dio nell'atto salvifico 
            del suo Regno esercita il suo potere sovrano in favore degli oppressi 
            e dei diseredati31. Facendo 
            proprie le parole di Isaia (61,1) Gesu afferma 
            esplicitamente che la sua missione messianica consiste nell'annunciare 
            il Vangelo di grazia ai poveri e la liberazione agli oppressi (cf 
            Lc 11,18); anzi non dubiterà di identificarsi con essi (cf Lc 11,23; 
            Mt 25,34-45; cf Is 58,ó-7). 
                  
            Ed ancora: tutta 
            la rivelazione di Gesù su Dio è avvenuta in termini di liberazione: 
            il Dio che Gesù annuncia è il Dio liberatore degli oppressi e degli 
            sfruttati, il Dio giustiziere che realizza la giustizia32. 
            Cosicché il Regno messianico si presenta insieme, come atto supremo 
            dell'amore del Padre e perciò come esperienza assoluta d'amore fraterno 
            e di giustizia (cf Mt 23,8-9). Il canto del Magnificat è profeticamente 
            appoggiato sulla liberazione-speranza del Messia: nella sua vita al 
            fianco di Gesù, Maria vedrà attuarsi quanto aveva cantato nel Magnificat 
            facendo memoria della liberazionesperanza che Dio aveva suscitato 
            in Israele e alludendo all'opera messianica dei tempi nuovi; Maria 
            constata pertanto la coincidenza fra memoria e proJezia rispetto alla 
            scelta privilegiata che Dio fa dei poveri e degli oppressi:  
                  
            «Il vantaggio dei 
            poveri al tempo dell'instaurazione del Regno di Dio trova quindi la 
            sua spiegazione... nella giustizia che egli vuole manifestare facendosi 
            loro difensore e salvatore. Il Dio che rovescia i potenti dai troni 
            e innalza la gente che non conta, che ricolma di beni gli affamati 
            e rimanda i ricchi a mani vuote (Lc 1,52-53), apparirà come la realizzazione 
            perfetta del re ideale. La prospettiva non è quella della idealizzazione 
            della povertà, ma quella di una teologia della giustizia di Dio e 
            di una speranza che guarda al regno escatologico di Dio»33. 
             
            c.   
              Maria esempio di liberazione-speranza per noi che dobbiamo collaborare 
                    al 
              progetto di Dio nella storia salvifica   
                  Maria, 
            con la sua esistenza tutta segnata e caratterizzata dalla liberazione 
            e dalla speranza, è perciò esempio a noi cristiani circa il modo della 
            nostra collaborazione al piano salvifico di Dio nel mondo: un piano 
            salvifico che evidentemente pervade la pratica della liberazione e 
            l'esercizio della virtù della speranza. È questo il punto che maggiormente 
            ci interessa, ed è un punto che praticamente si ricava da quanto s'è 
            detto finora circa il fatto che Maria è essa stessa segno di liberazione 
            e di speranza. Si tratta, in altre parole, di imitare il mistero mariano 
            nel nostro impegno storico-secolare. Ma, in concreto, cosa ci insegna 
            Maria, col suo mistero, sul modo della nostra collaborazione 
            al progetto salvifico di Dio nel mondo? Risponderò a questa domanda 
            ricavando le risposte da una brevissima analisi del mistero mariano. 
            Maria, con la disponibilità del suo fiat all'Annunciazione 
            si mostra come la sottolineatura vivente della concreta responsabilità 
            dell'uomo nella salvezza: questa nel cristianesimo non è un proposito 
            di Dio nonostante l'uomo, ma è un evento sacramentale: Dio si fa salvatore 
            entrando per la concreta mediazione umana nella vita degli uomini; 
            tutto questo avviene passando per Maria, strada umana dell'ingresso 
            personale di Dio nella storia degli uomini. Perciò, noi collaboreremo 
            al piano salvifico facendoci come Maria, strada - cioè mediazione, 
            sacramento - della continua e incessante venuta del Dio salvatore 
            nella storia.   
                  Maria 
            - con la sua maternità divina - attesta la grandezza e la relativa 
            autonomia dell'uomo e della realtà storico-secolare nel progetto salvifico; 
            il Salvatore-liberatore viene nel mondo per l'impegno della concreta 
            condizione creaturale di Maria: della sua femminilità, della sua maternità: 
             
             
               
                «In 
                  mariologia diventa chiaro che la dottrina della grazia non termina 
                  col ritiro della creazione ma, al contrario, è il sì definitivo 
                  della creazione stessa la mariologia diventa così garanzia dell'autonomia 
                  della creazione, malleveria della fede nella creazione e sigillo 
                  ad una dottrina sulla creazione rettamente intesa»34. 
                   
               
             
                  Perciò, 
            noi collaboreremo al piano salvifico se, come Maria, svilupperemo 
            la coscienza della grandezza dell'uomo e della realtà storico-secolare 
            che sono i destinatari della stessa salvezza.        Maria, 
            con la sua Immacolata Concezione, è l'esempio, come s'è già visto, 
            della radicalità della salvezza a cui Dio vuole condurre l'uomo e 
            l'intera creazione con lui. Perciò, noi collaboreremo al progetto 
            salvifico se avremo dinanzi agli occhi della nostra fede il modello 
            di una liberazione integrale e di una salvezza piena, dacché Dio vuole 
            salvarci non nei riduttivi termini di una pura liberazione, ma nei 
            termini di una «creazione nuova».       
                  
             Maria, con la sua Assunzione al cielo, ci presenta l'integralità 
            della salvezza cristiana; questa è la salvezza dell'uomo intero: la 
            sua completa elevazione. Tutta la storicità e la corporeità della 
            vita dell'uomo entrano a far parte della salvezza. Inoltre, ci viene 
            ricordata la multidimensionalità della speranza cristiana, 
            cioè la sua tipica tendenza che è fra il già e il non ancora; si tratta 
            dell'escatologia del presente e del futuro, cioè dell'anticipazione 
            attuale della venuta ultima di Dio: in Maria assunta già la Chiesa 
            ha iniziato la sua glorificazione, ma essa dovrà ancora 
            compiersi per tutti i suoi figli e per tutta la creazione, alla fine. 
            Perciò noi collaboreremo al progetto salvifico se mireremo ad un tipo 
            di liberazione e di salvezza che riguardi l'uomo nella complessità 
            del suo essere, rifuggendo, da un lato da angelismi e interiorismi, 
            e dall'altro da tutte le forme di terrestrismo, orizzontalismo, storicismo 
            prive di interiorità e profondità escatologiche. 
                  
            Maria, con la sua 
            compagnia del Figlio sotto la croce, è il segno dellaiedeltà assoluta 
            a cui deve spingersi la nostra collaborazione al progetto salvifico, 
            ed è anche il segno della drammaticità e 'negatività' inevitabili 
            dell'opera salvifica. Perciò, noi collaboreremo al progetto salvifico 
            se avremo la tensione crescente a sviluppare, sull'esempio di Maria, 
            un'adesione a Cristo pienamente fedele. Inoltre, Maria presso la croce 
            Ci invita a rifuggire da ogni idea esageratamente ottimistica 
            nella ricerca della liberazione e della salvezza: la Croce è una legge 
            salvifica ineliminabile ed è il fondamento della speranza35. 
            Non ci si salva nonostante la Croce, ma per la Croce. Maria è presso 
            la Croce perché sa che lì è il luogo della salvezza: lì c'è l'inizio 
            nella storia nuova degli uomini. Perciò, col suo esempio di compassione 
            con Cristo c'insegna che la Croce non chiama ad una presenza passiva 
            e apatica, ma ad una presenza attiva e dinamica nella realtà storico-secolare: 
            con la Croce solo si opera la liberazione piena e la speranza definitiva36. 
                    
            Ed 
            infine: Maria - soprattutto con la sua verginità - ci chiama all'opzione 
            pnvilegiata dei poven, dacché la verginità è forse l'aspetto più radicale 
            della povertà. Maria peraltro condivide totalmente la povertà di Cristo; 
            la sua vita è stata contrassegnata da una duplice povertà: in lei 
            la povertà secondo le categorie sociologiche37 
            e la povertà secondo le categorie del Regno38 
            sono armoniosamente coincidenti. Maria ci dà l'esempio di partecipazione 
            alla sorte del suo popolo (cf Lc 1,54), di solidarietà 
            con gli umili di cuore e con gli oppressi (cf Lc 1,52-53; 
            Mt 2,16-18), di attenzione alle necessità del 
            prossimo (cf Gv 2,3), di sollecitudine verso 
            la nuova comunità dei discepoli di Gesù (cf Gv 2,1-12; 
            At 1,14). La devozione a Maria, fra l'altro, 
            dev'essere pertanto, sia una fonte d'ispirazione per crescere personalmente 
            nella spiritualità della povertà evangelica, sia un incitamento e 
            una spinta ad operare l'opzione privilegiata dei poveri. 
                  Sull'atteggiamento 
            pastorale da assumere verso i poveri, come frutto della pietà mariana, 
            ci illumina una bella pagina di quello che ritengo sia uno dei documenti 
            mariani più seri del post-concilio: 
 
               
                «Per 
                  quanto concerne la pietà mariana, la nostra riflessione ci ha 
                  portati a concludere: il culto della beata Vergine, se si vuole 
                  che non si perda nell'astrattezza o sia confinato in di mensioni 
                  puramente individuali, deve essere permeato dai contenuti del 
                  messaggio evangelico sulla povertà. Vogliamo dire: deve essere 
                  occasione per predicare a coloro che sonosociologicamente ricchi 
                  e a coloro che sono sociologicamente poveri l'unico evangelium 
                  paupertatis, cioè la subordinazione dei beni di questo mondo 
                  ai valori del Regno e la loro primordiale destinazione al servizio 
                  e alla promozione dell'uomo; deve essere momento cultuale per 
                  l'annuncio del messaggio del Magnificat e delle Beatitudini, 
                  per il rifiuto di ogni 'compromesso con qualsiasi forma di ingiustizia 
                  sociale' (Evangelica Testifcatio, n.18) e per la denuncia di 
                  ogni forma di oppressione dei poveri; ambito orante per sollevare 
                  i cuori sfiduciati verso Dio che 'solleva l'indigente dalla 
                  polvere, dall'immondizia rialza il povero' (Sal 112 [113], 7) 
                  e per ascoltare il' grido dei poveri' (Gb 34, 28) che si leva 
                  'più incalzante che mai [...] dalla loro indigenza personale 
                  e dalla loro miseria collettiva' (Evangelica Testificatio, 17); 
                  deve essere ammonimento a non presentare certe situazioni sociali 
                  come espressioni della 'volontà di Dio'quando 
                  sono solo effetto del peccato degli uomini. 
                  In questo atteggiamento cultuale - di fiducia in Dio e di denuncia 
                  dell'ingiustizia - ci ha preceduti Maria di Nazareth»39. 
                   
               
             
             
            Conclusione 
              breve  
                  L'intero 
            mistero di Maria - dall'Annunciazione all'Assunzione - ispira una 
            presenza liberatrice e di speranza nel mondo. In particolare, il mistero 
            mariano sul piano della cooperazione al progetto di Dio nella storia, 
            sollecita ad avere disponibilità-responsabilità (Annunciazione), 
            coscienza della dignità dell'uomo e della creazione (Maternità divina), 
            tensione verso la radicalità della salvezza (Immacolata Concezione), 
            senso dell'integralità, della storicità e dell'escatologicità della 
            salvezza (Assunzione), slancio verso unaiedeltà assoluta, accettazione 
            della dimensione drammatica e «negativa» dell'opera 
            salvifica (presenza di Maria presso la Croce). 
                  
            Infine, 
            con il suo inno di liberazione (il Magnifcat) Maria ci chiede 
            di meditare sulla scelta che Dio ha fatto dei poveri40 
            e, conseguentemente, sulla scelta che noi dobbiamo fare di loro. Il 
            Magnificat «non è certo un proclama di messianismo terreno 
            né un grido di rivolta sociale, ma non è nemmeno una preghiera disincarnata: 
            è un canto di liberazione sgorgato dalla fede; è memoria degli interventi 
            di Dio nella storia»4l; 
            è parola detta a nome di «coloro che non accettano 
            passivamente le avverse circostanze della vita personale e sociale 
            né sono vittime dell' 'alienazione'- come si dice oggi - bensi proclamano 
            con lei che Dio è vindice degli umili e, se è il caso, 'depone i potenti 
            dal trono'»42. 
NOTE 
                  1 
            Si tratta della categoria della «storia della salvezza» che è da considerarsi 
            uno dei portati più fecondi del Vaticano II: è una categoria che, 
            rimessa al fondo dei trattati teologici, li sta rinnovando radicalmente. 
                  2 
            Questo duplice e indivisibile fine della «storia della salvezza» sara 
            anche il fine inestimabile di tutta la realtà sacramentale: del Cristo, 
            della Chiesa, dei singoli sacramenti. 
                 3 
            Si tratta del sinergismo o sinergitismo, una legge fondamentale 
            dell'espenenza salvifica, da intendersi però non come paritaria unione 
            di forze fra Dio e l'uomo: Dio fa tutto e l'uomo, nella grazia, deve 
            collaborare con tutto se stesso, assecondando radicalmente l'iniziativa 
            e l'opera di Dio. 
                  4 
            Queste due «teologie della prassi», pur essendo fra loro profondamente 
            diverse per origine, impianto statutario e motivazioni, convergono 
            fra loro su diversi punti, e, come nel nostro caso, creano convergenze. 
                  
            5 E. RUFFINI, 
            Presenza di Maria nella storia della salvezza e il suo significato 
            per il mondo d'oggi, in Maria e la promozione umana. (XV 
            Settimana di studi mariani, Chieti 1975), Roma 
            1976, 38. 
                   
            6 K. RAHNER, 
            Saggi di cristologia e di mariologia, tr.it., Ed. Paoline, 
            Roma 1967, 448. 
                  7 
            Ibidem, 451. 
                  8 
            G. PIANA, Maria donna nuova, in Maria 
            e la promozione umana.... cit., 62. 
                   
            9 Cf K. RAHNER, 
            o.c., 450-457. 
                   
            10 Citato in: M. 
            JUGIE, La mort et l'Assomption de la Sainte Vierge tr.it., 
            Roma 1944, 309. 
                   
            11  S. 
            BUEGAKOV, L'Orthodoxie, Parigi 1932, 
            166s. 
                   
            12 
            Sul rapporto cristianesimo-utopia, cf: M. G. MASCIARELLI, 
            L'Utopia di Ignazio Silone, Ed Marchionne, Chieti 1978,106-113. 
                   
            13 L'arco della liberazione 
            deve rapportarsi all'arco della cattività. Sul tema cf: J. 
            AlFARO, Speranza cristiana e liberazione dell'uomo, 
            tr.it., Ed. Queriniana, Brescia 1972, 43-55. 
                   
            14 M. F. 
            SCIACCA, Come si vince a Waterloo, Ed. Marzorati, Milano 
            1957, 10-11. 
                   
            15  Cf F. 
            LIVERZIANI, Il senso della vita di fronte alla morte, 
            in Renovatio 2 (1976) 187-213; M.G. 
            MASCIARELLI, La Chiesa sacramento di riconciliazione nel 
            cuore della città, in Bollettino Diocesano di Teramo e Atri 
            1-2 (1984) 86-88. 
                   
            16 
            Cf J. ALFARO, Maria. Colei che è beata perché 
            ha creduto, Ed. Piemme, Torino 1983,51-69. 
                   
            17 Cf M.G. 
            MASClARELLl, Il dogma dell'Assunzione e il 'secolo della 
            Chiesa' in L'Osservatore Romano, 12 
            agosto 1977,5. 
                   
            18 Sull'ampiezza del significato 
            sotereologico di liberazione per esprimere l'azione salvifica 
            del Cristo e la subordinata funzione materna di Maria, cf: S. 
            MEO, Le tematiche teologiche attuali intorno alla funzione 
            materna di Maria verso gli uomini, in Il ruolo di Maria nell'oggi 
            della Chiesa e del mondo, (Simposio Mariologico, Roma, Ottobre 
            1978), Ed. «Marianum» -Dehomane, Bologna 1979 
            45-67. 
                   
            19 Maria è prossìma 
            alia Goce perché quella è l'Ora della salvezza perciò da «quell'Ora» 
            essa diventa madre di tutti i figli della nuova Alleanza (cf Gv 19,25-27). 
                  
            20 G. GUTIERREZ, 
            Teologia della liberazione. Prospettive, tr.it., Ed.Queriniana, Brescia 
            1972,207. 
                  
            21 A PAOLI, 
            La radice dell'uomo. Meditazioni sul Vangelo di Luca, tr.it., 
            Ed. Morcelliana, Brescia 1972, 205. 
                   
            22 Ibidem, 207. 
                   
            23 L BOFF, 
            Il volto materno di Dio. Saggio interdisciplinare sul femminile 
            e le sue forme religiose, er.it., Ed. Queriniana 1981 
            186. 
                   
            24 Ibidem, 187. 
                   
            25 Ibidem, 188. 
                   
            26 J MOLTMANN, 
            n linguaggio della liberazione. Prediche e meditazioni, 
            tr.it., Ed. Queriniana, Brescia 1973, 126-127. 
                   
            27 Ibidem, 
            128. 
                   
            28 
            M THURIAN, O.C., 109. 
                   
            29 Ibidem, 
            109-110. 
                   
            30 
            Cf J. ALFARO, Maria..., 
            cit., 62-63. 
                   
            31 Cf J. 
            DUPONT, Les Béatitudes, Parigi 1969, 
            I, 209-222; II, 89-90.139-142.379-380. 
                   
            32 Cf J. 
            ALFARO, Teologia della giustizia, tr.it.,Ed. PaOIine, 
            ROma 1973, 
            5-20. 
                   
            33 J. DUPONT, 
            Les Béatitudes, II, o.c, 89-90. 
                  34 
            J. RATZINGER, Considerazioni sulla posizione 
            della mariologia e della devozione mariana nel complesso della fede 
            e della teologia, in Maria Chiesa nascente, tr.it., Ed. Paoline, Roma 
            1981, 31-32. 
                   
            35 Sempre le «categorie 
            della distruzione» sono gestibili fruttuosarnente e produttivamente 
            cf E. MANCINI, Cultura cristiana: specificità 
            e senso, in Cristianesimo e cultura, Ed. vita e Pensiero, Milano 1975, 
            42ss. 
                  36 
            M.G. MASCIARELLI, Un cristianesimo festivo, 
            Ed Ballarini, Pescara 1977, 80-81. 
            Dalla Croce è derivabile un'ispirazione liberatrice per l'impegno 
            storico-secolare: cf M.G. MASCIARELLI, I 
            dinamismi critici della Croce in rapporto al fatto politico, in 
            La Sapienza della Croce, oggi. (Atti del Congresso Internazionale, 
            Roma 13/18 ottobre 1975) 
            Elle Di Ci, Torino 1976, 256-265. 
                   
            37 Solo alcune indicazioni 
            per questa povertà sociolo_ica di Maria: nasce nella disprezzata regione 
            della «Galilea delle genti» (cf Mt 4,15), in 
            una borgata che nella storia d'Israele conta niente (cf Gv 1,42), 
            diviene sposa di un povero operaio (cf Lc 1,27; 
            Mt 13,55) e madre di un figlio povero dalla 
            naseita alla morte (cf Lc 2,7.24, Mt 2,13, 
            Lc 4,29; Mc 3,21 Lc 23,33). 
                   
            38 Maria «primeggia tra 
            gli umili e i poveri del Signore i quaii con fidueia attendono e ricevono 
            da lui la salvezza» (LG n.55). 
                   
            39 
            208° CAPITOLO GENERALE DELL ORDINE DEI SERVI Dl MARIA, 
            Fate quello che vi dirà, Curia Generalizia OSM, 
            Roma 1983, 78-79. 
                   
            40 Il tema della 
            «scelta dei poveri» da parte di Dio, che poi ovviamente condiziona 
            le opzioni inevita ili della Chiesa, è quanto mai complesso e suscettibile 
            di opposte radicalizzazioni: di un'interpretazione unicamente spiritualizzante 
            e di un'interpretazione unicamente 
            sociologica. L'interpretazione sociologica, debitamente integrata 
            con l'interpretazione spirituale, è ineliminabile. Per facilitare 
            la sua comprensione può forse aiutare quest'osservazione: «Dio sceglie 
            i poveri non perché sono più buoni, umili, raccomandabili, ma perché 
            hanno bisogno. Il motivo per cui Dio sceglie i poveri sta m Dio, non 
            nei poveri. Mentre l'ira di Dio ha il suo motivo nell'ingiustizia, 
            l'amore gratuito di Dio ha l'unica ragione in lui. Sceglie i poveri 
            perché è fatto così. Questa è l'immagine di Dio che propone Gesù. 
            Non perché sono più buoni, più disponibili, più aperti o perché hanno 
            dei mentl o titoli religiosi, ma perché Dio è Dio» (R. 
            FABRIS, Un Dio senza la tentazione del potere, in: Gesù 
            di Nazareth: Il 'caso' non è chiuso, Ed. Cittadella, Assisi 1984, 
            111. 
                  41 
            208° CAPITOLO GENERALE DELL ORDINE DEI SERn Dl MARIA, 
            doc.cit.79. 
                  42 
            GIOVANNI PAOLO II, Omelia ai fedeli messicani 
            presso il Santuario di Zapopán (30 gennaio 
            1970), in Acta Apostolicae Sedis 71 
            (1979), 230.  
             |