di Pietro Amato

      Perché parlo dei mosaici della Cattedrale di Torcello1, lo si può comprendere:da una parte si possono raggiungere facilmente, dal momento che l'isoletta si distende nell'aperta laguna di Venezia; dall'altra, costituiscono un esempio d'iconografia bizantina, accolta e rivissuta in territorio latino.
       La chiesa, che secondo una preziosa iscrizione, sarebbe stata fondata nel 639, ai tempi di Eraclio imperatore di Bisanzio, per ordine dell'esarca Isaacio, ha subìto, per tutto il medioevo, radicali restauri e ricostruzioni.
      I resti dei mosaici che la decorano sono del XII sec.2 Alcuni, della prima metà: i mosaici che ornano l'abside del diaconico e le 12 figure degli apostoli nell'abside principale; gli altri, appartengono alla fine del XII sec. e riguardano i mosaici del catino (Hodigitria in piedi), dell'arco trionfale (Annunciazione) e, infine, della parete d'ingresso (Giudizio Universale).
      L'immagine della Theotokos è presente in questi ultimi ed offre motivi sufficienti per una riflessione teologica e liturgica. La Madre di Dio si ritrova, nonostante che alcuni mosaici siano andati perduti, nel punti-chiave della decorazione dell'edificio, conservando intatta la lettura iconografica e iconologica.
       Una prima riflessione, che non va trascurata, l'ubicazione geografica di Torcello, situata nelle acque adriatiche. Venezia e le città della costa hanno da sempre e naturalmente sviluppato i loro contatti con Bisanzio e il vicino Oriente, con scambi non solo di carattere commerciale, ma anche culturale. Non va dimenticato che il mare Adriatico è da considerarsi un grande lago, facile ad attraversarsi più che i monti delle Alpi e degli Appennini.
       Per tale situazione riesce difficile talora poter distinguere fino a che punto, in campo figurativo, si possa parlare per queste popolazioni di acquisizioni di schemi iconografici dovuti ad assimilazione dei loro contenuti teologici. Le unità culturali, in campo di fede, sono di gran lunga superiori alle differenze che alcuni teorici della teologia, privi di senso storico, hanno accentuato sino a creare spaccature storiche che si risolvono in modeste distinzioni scolastiche. L'Europa cristiana, durante il medioevo, risulta più unita di quanto non si possa credere, pur nelle caratteristiche delle due Chiese, di Roma e di Bisanzio 3.
       Una seconda riflessione di base riguarda il XII secolo e la devozione mariana che, assieme a quella eucaristica, forma uno dei cardini della storia spirituale e religiosa dell'epoca 4.
       L'Oriente si caratterizza per la fedeltà a una fondamentale spiritualità teologica verso Maria; influisce il permanere dell'alto prezzo pagato, durante le lotte iconoclaste, per la difesa del mistero dell'Incarnazione, al quale è legata strettamente Maria, la Theotokos.
       In Occidente, diversamente, si sviluppa un'ondata di devozione, di pietà popolare verso la Vergine Maria, dovuta agli Ordini religiosi ai cistercensi che pongono le proprie chiese sotto la protezione della Vergine. La riflessione su Maria si volge alle sue virtù, alla purezza, alla verginità inviolata, al patrocinio. È significativo il fatto che viene associata all'«Apostolo vergine», san Giovanni l'Evangelista: «In cruce denique moriturus, huic Matrem suam virginem virgini commendavit» (Ufficiatura di s. Gv. Ap.). La preghiera «O intemerata» (sec. XII) è sulle labbra dei fedeli.
       Torcello, cittadina d'Occidente, associata a questo movimento di spiritualità mariana, la vive nella sua Cattedrale con espressioni iconografiche che appartengono all'Oriente. Ed è proprio questa specificità, comune ad ambienti della costa adriatica occidentale, che suscita interesse e diventa oggetto di riflessione storica e teologica.
       La chiesa, a pianta basilicale secondo la tradizione latina, accoglie nel santuario una decorazione strettamente bizantina: nell'arco trionfale, l'Annunciazione; nel catino absidale, la Hodigitria.
       Anche Carpignano, in Puglia, conosce qualcosa di simile, nella cripta delle sante Marina e Cristina. L'affresco del X secolo, nella parete absidale, raffigura il Cristo Pantocrator tra la Vergine e l'Angelo annunziante 5.
       Inoltre, una lunetta, che richiama evidentemente l'idea di un catino d'abside, a S. Sofia in Costantinopoli, raffigura ancora in una Annunciazione, collocata in due clipei (l'immagine clipeata è una formula iconografica elastica e comoda per esprimere le verità più essenziali e di fondo) la figura del Pantocratore con l'imperatore Leone IV in proskienesis (prostrazione). Il mosaico si colloca tra l'886 e il 912 6.
       Il Cristo Pantocratore o la Vergine del tipo Hodigitria nel mezzo della scena dell'Annunciazione, appartiene a uno schema iconografico antico, che trae origine dalle lotte iconoclaste.
       Gli iconoclasti negavano la possibilità di raffigurare l'immagine del Cristo. Ad essi rispondono s. Giovanni Damasceno e gli iconoduli, opponendo un argomento di carattere teologico: il rifiuto dell'immagine di Cristo porta a negarne la sua umanità, mette in dubbio la natura stessa del mistero dell'Incarrazione.
       Nella Cattedrale di Torcello, l'arco di trionfo esalta, come è nella natura stessa di questo elemento architettonico, il mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio attraverso la scena dell'annuncio dell'angelo a Maria. La conca absidale presenta uniti insieme la Madre e il Figlio. L'icona mariana è del tipo Hodigitria «colei che mostra la Via» e si risolve in una immagine essenzialmente cristologica.
       La Madre di Dio, sostenendo sul braccio il Logos, lo indica presente ai fedeli. Il Bambino è piccolo solo per.le proporzioni, ma è raffigurato quale Verbo di Dio, dal momeneto che riflette sul volto la maestà della Sapienza Divina e veste l'himation (tunica e mantello) tessuto di fili d'oro etereo. La Theotkolos, così come vuole l'iscrizione che gira in basso, è la novella Eva, la porta della salvezza.
       Nell'immagine la Theotokos è figura della Chiesa sta in piedi, fissa il fedele, presenta il figlio all'umanità redenta. In basso, sono disposti i 12 apostoli (i «piedi» di Cristo, secondo un'espressione adoperata dai Padri della Chiesa) che hanno portato nel mondo la parola del Verbo. In alcune raffigurazioni similari, sul catino absidale, in luogo degli apostoli, si trovano rappresentati i loro successori, i vescovi.
       I mosaici degli apostoli, eseguiti prima dell'Hodigitria, offrono indicazioni sul contenuto della primitiva scena del catino: una raffigurazione nella quale il Cristo, con o senza la Theotokos, veniva esaltato quale Salvatore e Signore.
       L'Hodigitria, proiettata su sfondo aureo (il colore dell'immaterialità e della pura atemporalità) si stempera in un significato escatologico, che si avvale della presenza dell'Annunciazione. Occorre per ottenere una lettura dello spazio religioso, avvicinare l'immagine della Theotokos alla raffigurazione dell'arco trionfale in modo da cogliere un'unica immagine, completa nelle sue componenti di pensiero. La decorazione dell'arco e della conca absidale non sono a sé stanti, né si possono concepire come tali in un luogo dove le raffigurazioni perdono il carattere narrativo in favore di quello liturgico e teofanico, ma formano un'unità inscindibile, si completano a vicenda, l'una permette la comprensione dell'altra.
       Una immagine che illustra il tema, visualizzandolo, è data da una miniatura dell'Exultet Bari 2, del XII secolo: la lettera V della parola Vere 7. Al centro dell'iniziale siede il C:risto adolescente, eterna giovinezza, seduto su di un trono che, a somiglianza del Logos nell'Hodigitria, benedice con la mano destra e sostiene con l'altra il consueto rotolo. La sua figura è circondata da tre immagini clipeate riguardanti l'Annunciazione: la colomba dello Spirito Santo aleggiante nell'alto, la figura a mezzo busto della Vergine e dell'Angelo.
       La scena dell'Annunciazione e il Cristo in trono formano i poli del dogma dell'Incarnazione: «Colui che nascerà, sarà grande e sarà chiamato il Figlio dell'Altissimo (spiega l'an gelo alla Vergine). Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà più fine» (Lc 1,32-33). Il messaggio dell'angelo viene espresso in forma attualizzata, nel suo più profondo significato escatologico.
       La lettera V, che si legge nei due sensi, è al tempo stesso un'Alfa e un'Omega, l'inizio e annuncio della prima parousia, il temine e la gloriosa espressione della seconda venuta.
       La figurativa del santuario della Cattedrale di Torcellu raccoglie queste arditezze simboliche, che per loro natura rifiutano gli schemi retorici, affidandosi alla profondità dei testi liturgici e patristici, alla centralità del mistero di Cristo e della Chiesa.
       Gli artefici dei mosaici provengono da Venezia, eseguono un programma iconografico dettato dalla committenza religiosa. L'immagine della Madonna in piedi suscita un tale fascino che, in un altro contesto iconologico, poco più tardi, viene raffigurata nuovamente nell'abside di S. Maria e Donato nell'isola di Murano 8.
       Se la prassi liturgica assegna ad oriente della chiesa il santuario e una iconografia che illustri il mistero della salvezza ad opera del Salvatore, nel XII secolo prevede sulla parete di fondo, volta ad occidente, la scena del Giudizio Universale: la seconda venuta del Signore. Tale rappresentazione s'incontra a Torcello e in quelle zone d'Italia influenzate dall'arte bizantina: S. Angelo in Formis (affresco); Palermo (mosaico della Cappella Palatina); S. Cecilia in Trastevere a Roma (affresco del Cavallini); Cappella degli Scrovegni a Padova (opera di Giotto), per citare le opere più notevoli.
       La raffigurazione comprende normalmente tre scene fondamentali: al vertice, la seconda parousia o Apparizione del Cristo giudice; al centro, la Separazione degli eletti dai reprobi; in basso, la Resurrezione dei morti. L'irnmagine della Theotokos assieme a quella di s. Giovanni il Battista, com pare nella Deêsis, cioè la preghiera, accanto al Cristo giudice. Il Signore siede tra i due intercessori e i 12 apostoli, anch'essi chiamati a giudicare il mondo.
       In Torcello, la scena del Giudizio Universale è unita nella parte superiore ad altre due immagini: l'Anastasis (di scesa di Cristo agli inferi e liberazione di Adamo, di Eva e dei giusti) e la Crocifissione. L'una e l'altra sono state aggiunte (prima metà del sec. XIII ?), come si può rilevare dal fregio che unisce l'Anastasis al Giudizio, dalle notevoli differenze stilistiche (concezione dello spazio e distribuzione figurativa), dalla sovrabbondanza dei contenuti.
       Una miniatura del Vangelo (gr. 74) della Biblioteca Nazionale di Parigi, assegnabile al terzo quarto dell'XI secolo e collegabile alla serie dei manoscritti costantinopolitani, raffigura un Giudizio Universale, le cui componenti strutturali sono paragonabili a quelle di Torcello: i piani distributivi, la figurativa, la cura nel rappresentare i singoli momenti del Giudizio.
       La fascia superiore, che contiene il Cristo apocalittico con la Deêsis (intercessione) gli apostoli e le alte schiere degli angeli, risulta la più compatta; le altre, si frazionano in episodi a sé stanti: l'Ethimasia, immediatamente in basso e al centro; la resurrezione dei morti, in due pannelli; la pesatura delle anime; la «diavoleria» di Satana truffatore che tenta di far pendere la bilancia dalla sua parte; il corteo dei giusti in distinte categorie; il seno di Abramo; la Chiesa; Pietro ianitor coeli; le scene dei dannati spinti verso le fauci del Leviathan; il loro supplizio, descritto in riquadri sempre più piccoln Interessante è l'ingenua convenzione di raffigurare gli eletti vestiti, i reprobi ignudi.
       Non v'è dubbio che la fonte iconografica del mosaico sia un manoscritto miniato, forse della seconda metà dell'XIinizio del XII secolo.
       La scena risulta un grande manifesto medioevale sul Giudizio, dove le immagini rese fisse e immobili per mettono una lettura memorabile al fedele. L'estetica bizantina non poteva meglio servire alla causa. Nella grande visione apocalittica, compaiono le speranze che il cristiano coltiva nel suo animo: l'apostolo Pietro, che ha le chiavi del regno; l'arcangelo Michele, estrema difesa dalle ultime insidie del diavoslo; la Thecotokos e Giovanni il Battista, che intercedono per ottenergli l'eterna bratitudine.
       La Deêsis è un'immagine di origine liturgica che si è sviluppata con l'Anafora di san Giovanni Crisostomo e si è diffusa primordialmente nell'area presbiterale.
       La Chiesa, rivolgendosi a Dio Padre, offre, come si esprime l'Anafora' di san Giovanni Crisostomo, «il culto immateriale» per l'intercessione «soprattutto della santissima pura, gloriosissima e benedetta Nostra Signora, la Madre di Dio e sempre Vergine Maria, di san Giovanni Battista il Precursore, e dei santi apostoli degni di ogni lode...». La preghiera chiede il dono della partecipazione alla luce eterna 9.
       La Madre di Dio raffigura la Chiesa, la Sposa di Cristo sulla terra; Giovanni il Battista, l'ultimo dei profeti, simbolizza l'«Amico dello Sposo» (Gv 3,29) e la preghiera veterotestamentaria. Nell'intercessione Maria si tiene alla destra del Cristo; il Precursore, alla sinistra.
       L'immagine della Deêsis, con il tempo, si trasferisce dal catino absidale sull'architrave dell'iconostasis, quindi sull'ingresso dell'edificio-chiesa, acquistando di volta in volta un significato che volge sempre più verso un accentuato devozionismo 10. Il fedele si rivolge alla Theotokos, davanti alla sua immagine accende il cero, pulsa d'amore per Colei che è la Madre di misericordia.       La Theotokos, come si accennava, compare pure, sulla medesima parete, nella scena della Crocifissione, una immagine che sovrasta l'ampio ciclo. Anche in questa raffigurazione di carattere narrativo si riscontrano elementi dovuti alla riflessione teologica e ai testi patristici e liturgici.
       La scena è essenziale: la croce sul Golgota e il Crocifisso tra la Vergine e Giovanni l'Evangelista; Maria è considerata la novella Eva, figura della Chiesa. Pare di ascoltare l'ultimo colloquio che Gesù ha con la Madre: «Donna, ecco tuo figlio... Ecco la tua Madre» (cf Gv 19,26-27).
       Il Golgota è raffigurato da un cumulo di terra che racchiude, in riferimento a un'antica credenza cristiana, la tomba di Adamo. Il cranio del progenitore è irrorato dal sangue di Cristo.
       Se Cristo è il nuovo Adamo - scrivono i liturgisti e i teologi - Maria è la novella Eva 11. Se Adamo ha portato la morte, Cristo ha portato la vita. Se Eva ha generato il pianto, Maria ha dato alla luce la Consolazione dei giusti. Eva, ancora vergine, crede e obbedisce al serpente e attraverso la sua credulità diviene la madre del peccato e della morte; Maria, la Vergine, crede e obbedisce all'angelo, diviene Madre di Colui che distrugge l'opera del serpente e libera dal male coloro che credono in Lui.
       La Crocifissione appartiene alla cultura figurativa di Bisanzio, secondo la quale l'immagine di Maria Vergine e di Giovanni si arricchisce di significati simbolici. Maria che mostra il Figlio dal cui costato zampilla il sangue della vita, è figura della Chiesa, sorta dal costato di Cristo. In alcune immagini la Vergine, diversamente dalla Sinagoga che vie ne allontanata dalla croce, raccoglie il sangue del Redentore. L'Evangelista assiste con dolore al supremo sacrificio (poggia il capo su una mano) e acclama il Signore della vita.
       Un'ultima immagine, infine, della seconda metà del XII secolo, riguarda una Madonna Orante nella lunetta in terna della parete d'ingresso. Il mosaico, che si appella alla tradizione iconografica bizantina di porre all'ingresso l'immagine di Maria, ricorda la lunetta del nartèce della chiesa della Dormizione a Nicea, eseguita tra gli anni 1065 e 1067 12.
       La Madre di Dio (MP - (OY) è raffigurata a mezzo busto, con il maphorion, in preghiera, cioè con le braccia spalancate nel tipico atteggiamento dell'orante. L'iscrizione che corre sul bordo superiore illumina il fedele sul ruolo di Maria, porta del cielo. Una preghiera bizantina rivolta alla Madre di Dio m questa attitudine così recita: «O tabernacolo più vasto dei cieli, fai partecipare ai tabernacoli materiali il tuo popolo che accorre per cantare in questo santuario attraverso la tua fervente preghiera al Cristo che hai generato, il Sovrano e il Signore di tutti» (01 sab. I, 3 t., Giuseppe).
       Per concludere, l'itinerario spirituale delle iscrizioni e dei segni che troviamo nel mosaici sono una testimonianza della fedeltà al rapporto tra la parola della sacra Scrittura e l'immagine. È possibile nello studio migliorare le precise referenze dell'insieme e dei particolari, ma l'idea-madre che presiede le composizioni, la forza della parola che si trasmette dal volto della Vergine che è nello stesso tempo contemplata, venerata e amata dagli artefici che la composero, appartiene a quel mondo della poesia che nasce dalla gentilezza e dall'intensità della preghiera.
       Siamo in un mondo dove la letteratura religiosa è divenuta arte, e per questo è possibile uno studio sull'uno e sull'altro versante, rendendoci conto di questa unità che è propria della sintesi tra la liturgia, il pensiero cristiano e la venerazione dell'immagine.

NOTE

       1 Cf P. GIANNELLI, Saggio sopra l'antichissima isola di Torcello e sua Decania, Venezia, Museo Correr, Cod. Cic. 2233; L. CONTON, Torcello, il suo estuario e i suoi monumenti, Venezia 1927; G. LORENZETTI, Torcello. La sua storia, i suoi monumenti, Venezia 1939; S. BETTINI, La decorazione musiva a Torcello, in «Torcello», Venezia 1940; O. DEMUS, Studies among the Torcello mosaics, in «Burlington Magazine», giugno 1943, pp. 136-141; W. WELDLE, Mosaici veneziani, Milano 1956; I. ANDREESCU, Torcello: I, Le Christ Inconnu, Il, Anastasis et Jugement Dernier: tetes vraies, tétes fausses, in «Dumbarton Oaks Papers», 1972, p. 185 e segg.       
       2 Tutti i mosaici di Torcello hanno sofferto, in modo grave, in conseguenza dei lavori di testauro. Sino ad epoca recente venivano datati nel modo più arbitrario. Per una panoramica sulle differenti posizioni degli studiosi cf V. LAZAREV, Storia della pittura bizantina, Torino 1967, p. 271, n. 234. Inoltre, I. ANDREESCU, Torcello III. La chronologie relative des mosaiques pariétales, in «Dumbarton Oaks Papers», 1976, pp. 247-341.
       3 Lo stesso deve dirsi per le popolazioni slave; cf The Common Christian Roots of the European Nations (An International Colloquium in the Vatican), I - II, Le Monnier, Florence 1982.
       4 Cf C. CECCHELLI, Mater Christi, I - IV, Roma 1946 - 1954; A. WENGER, La maternité spirituelle de Marie dans la théologie byzantine du X° au XV° siecles, in «Cahiers Marials», 1960; F. MARCHISANO, L'interpretazione di fino alla metà del secolo Xlll, Roma 1968.
       5 Cf A. MEDEA, Gli affreschi delle cripte eremitiche pugliesi, Roma 1939, p. 111, fig. 51.
       6 La scena è stata variamente interpretata e le differenti posizioni degli studiosi sono illustrate da H. KALER - C. MANGO, Hagia Sofia, London 1967, pp. 53-54. La presente, è pubblicata da P. AMATO, Iconografia cristologica in Terra di Bari dall'XI al Xlll secolo. Ricerca di Storia, Arte e Spiritualità, Molfetta 1977, pp. 125-128, fig. 85.
       7 Cf P. AMATO, op. cit., pp. 70-71, fig. 21.
       8 Cf N. KONDAKOV, Ikonografia Bogomateri, Sankt Peterburg - Petrograd 1915, 11, pp. 359-362.
       9 Cf F. E. BRIGHTMAN, Liturgies Eastern and Western, 1, Eastern Liturgies, Oxford 1896, pp. 331-332.
       10 Cf P. AMATO, L'immagine medioevale delle Deêsis. Note orientative, in «The Common Christian Roots of the European Nations», Firenze 1982,11, pp. 601-606.
       11 Cf A. WENGER, La nouvelle Eve dans la théólogie byzantine, in «Cabiers Marials», 1955.
       12 Cf C. MANGO, The Date of the Narthex Mosaios of the Church of the Dormition at Nicaea, in «Dumbarton Oaks Papers», 1959, pp. 245-252.

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