IL ‘SÍ’ DI MARIA
NELLA PROSPETTIVA DI HANS URS VON BALTHASAR

INTRODUZIONE

Parlare di HANS URS VON BALTHASAR in una riflessione o conferenza che essa sia è sempre molto difficile non soltanto per la quantità numerica degli scritti di questo autore, quanto piuttosto perché la sua opera si presenta come tutto un complesso nel quale è impossibile procedere con le forbici. La solidità del pensiero di von Balthasar è tale che toccando un argomento esso si porta dietro concatenati elementi del tutto accessori che, tuttavia sono legati all’argomento centrale da non poter essere passati sotto silenzio.

Ecco allora che di von Balthasar si può parlare anche molto, ma ci si accorgerà ben presto, in modo paradossale, che ciò che non viene detto supera quanto invece viene illustrato. Può apparire paradossale, ma è così e soprattutto ciò lo si avverte volendo toccare il pensiero mariano di von Balthasar che è collegato con la cristologia, con l’ecclesiologia, con l’antropologia e con la dottrina degli eventi ultimi.

1. ESPERIENZA DI DIO ?

Iniziamo allora questa riflessione con un concetto che, ormai, nel nostro mondo appare dilagante, ossia ESPERIENZA. Si fa esperienza di tutto, a tutti i livelli e a tutte le età: da esperienze altamente edificanti a quelle più violente ed abiette. Il concetto di esperienza è entrato anche nel campo della fede e della teologia sotto quella frase ormai consolidata che abbiamo sentito più volte "Fare esperienza di Dio" e qui le tipologie e i campi si diversificano.

Più volte nel corso della sua estesissima opera, von Balthasar tocca questo tema dell’esperienza e lo analizza separatamente tanto sul piano biblico come su quello teologico, anche se il punto di arrivo è unico. È possibile - egli si chiede - fare esperienza di Dio ? E farne esperienza soprattutto in un mondo che ha veduto (ed ha provocato) la crisi se non addirittura il crollo di alcune istituzioni portanti l’umana convivenza: la fede nella famiglia, i valori sociale e comunitario, l’isolamento dei cristiani in un mondo ormai senza Dio.

La risposta, osserva von Balthasar, la troviamo anzitutto nella Bibbia dove si assiste ad un movimento inverso a quello dell’uomo che cerca di superarsi, oppure che - sentendosi incompleto - vuole sperimentarne l’origine. Ecco allora che Dio si presenta all’uomo con i caratteri dell’inaspettato, dell’insperato ad almeno tre personaggi dell’AT: ad Abramo, a Mosè e ad Isaia. In essi l’esperienza dell’incontro è il punto di inizio della loro missione1.

Anche nel NT la dinamica non cambia: "Cristo, l’uomo pieno e perfetto, fa nella propria totalità l’esperienza di ciò che è Dio. Cristo come Dio incarnato, il quale rivela l’uomo all’uomo, fa però anche come Dio l’esperienza di ciò che è l’uomo: l’uomo così come l’ha voluto Dio e come Cristo al tempo stesso ricapitola in sé tutto ciò che vive, dimentico di Dio, nel mondo"2.

In un piccolo volumetto significativamente intitolato: Gesù ci conosce ? Noi conosciamo Gesù ?, von Balthasar fa notare come la conoscenza dell’uomo da parte di Gesù avviene attraverso tre livelli: conoscenza del cuore e dei pensieri, conoscenza nella tentazione ed infine conoscenza attraverso la sostituzione vicaria nell’Ora della Passione3.

Questo ci porta subito ad una duplice conclusione: non l’uomo deve sperimentare Dio, ma è Dio a sperimentare se l’uomo percorre la strada che gli ha tracciato. In secondo luogo, se l’uomo - in qualche modo - può fare esperienza di Dio ciò è possibile in quanto c’è un’esperienza previa, antecedente che permette ogni atto umano successivo.

Appare necessario e basilare tenere fermo questo dato: il SI di Dio all’uomo rende possibile il suo SI limitato, ma pur sempre valido. In altre parole, vale sempre il principio secondo il quale - in un discorso di fede (con implicazioni di natura morale) - la priorità, il primato va dato sempre alla Rivelazione: è Dio che deve trovare posto presso gli uomini affinché essi possano essere associati alla sua gloria e sedere presso di Lui. Non però alla maniera di Giacomo e Giovanni i figli di Zebedeo4, cioè volendo bruciare le tappe, ma percorrendo le orme di Colui che, patendo, ci ha lasciato un esempio, così come ci ricorda S. Pietro5.

Tutto ciò è possibile perché la Parola di Dio - preparata e prefigurata nell’AT - è entrata nella storia per la salvezza dell’uomo, trovando un luogo dove realizzare le proprie potenzialità in modo pieno e definitivo. Sappiamo come questo luogo è il grembo della Vergine Santa e, se si tiene conto di quanto detto fin qui, non ci deve meravigliare l’affermazione che von Balthasar fa relativamente alla situazione degli inizi della storia della mariologia:

(la teologia mariologica) visse per un millennio quale parte irrinunciabile della dottrina cristiana oggettiva della salvezza, senza che vi fosse collegata una forma devozionale isolata e soggettiva. Che Maria sia Theotokos, genitrice di Dio, è in primo luogo, un’affermazione cristologica. Che sia stata concepita immacolata, è prima di tutto un’affermazione della dottrina della grazia e della redenzione. Che sia vergine per poter diventare madre di Cristo è (...) un contenuto della teologia dell’alleanza e pertanto della dottrina del popolo di Dio. Il dogma dell’Assunzione corporea rientra, se rettamente inteso, nella dottrina cristiana degli ultimi eventi6.

Già questo ci fa comprendere come, attraverso la Vergine Santa, l’esperienza che Dio fa dell’uomo diviene, in certo senso, normativa e guida di tutto l’insieme di atteggiamenti di ricerca e di preghiera che la Chiesa - nella sua totalità e nei singoli componenti - mostra e compie nei confronti di Dio.

2. IL ‘SI’ MARIANO NEGLI INIZI

L’ingresso della Parola di Dio nella storia è sorretto da due elementi: il primo è divino cioè il decreto, la volontà della Parola all’interno della SS. Trinità; il secondo è umano, cioè l’accoglienza della donna, la sua disponibilità. Entrambi gli elementi rappresentano un SI. Sovente nel contemplare il racconto lucano dell’Annunciazione, si vede con maggior facilità il SI della Vergine Santa ed in effetti è il più appariscente, quello che ha dato ad artisti e letterati la possibilità di tracciare il ritratto della Vergine umile ed obbediente.

In realtà, se nell’episodio dell’Annunciazione accade ciò che tutti noi conosciamo attraverso il consenso della Vergine che si è aperta a Dio in modo inimitabile7, ciò si realizza perché il consenso, il SI di Maria, nota von Balthasar, "può essere partecipe della qualità del consenso del Figlio. Questa qualità può esserle stata donata in precedenza solo da Dio, non come qualcosa di estraneo, ma come la capacità alla più profonda autorealizzazione"8, cioè al più alto grado.

Quindi il consenso di Maria si modella su quello del Figlio verso il Padre. A prima vista ciò porterebbe ad un livellamento e ad un appiattimento. Niente di più falso: von Balthasar precisa subito che l’obbedienza che rinuncia a disporre di sé è passività, mentre se essa è disponibilità a ricevere tutto allora è la più alta delle attività. E Maria si colloca su questa seconda linea: collabora solo lasciando fare. Il fatto che, come detto, il suo SI viene a modellarsi su quello del Figlio al Padre le permette di essere e presentarsi come la Serva configurata al Figlio Servo di Dio. Il tutto avviene in quella libertà che von Balthasar illustra nei seguenti termini:

Il suo libero sì viene richiesto dall’assoluta libertà che dispone in assoluto (...), questo sì è da sempre in quanto libero incluso nella centrale decisione di salvezza di Dio, così che la questione se Maria avrebbe potuto dire no si trova ben indietro a questo accordo di adempiuta libertà finita e infinita. Nessuna libertà finita può essere più libera da impedimenti nella sua concordanza con l’infinita, come pure anche (che è la stessa cosa) nessuna missione può essere più disinibita e universale del si richiesto quale condizione, per il vastissimo piano di Dio9.

L’essere Serva, tipico di Maria, è un aspetto importante che ritroveremo più avanti sviluppato in modo particolare da von Balthasar relativamente agli eventi della Passione.

Dunque Maria è Serva di Dio, Serva della Parola, ma più specificatamente Serva del piano salvifico di Dio tutto concentrato nel Bambino che ora è in Lei e che la rende ostensorio della Parola e della volontà di Dio, cosciente di essere stata espropriata per cui, nell’episodio che segue l’Annunciazione, la Visitazione, viene portata da chi si lascia portare, mostrando così quella che è l’essenza della sua fede ossia entrare nell’atteggiamento del Figlio che si lascia portare dallo Spirito Santo, ma anche dall’uomo (finendo per essere spezzato e distribuito). Tutto ciò cade nel piano provvidente del Padre10, ed ha un profondo significato ecclesiale: ogni fede ecclesiale deve modellarsi su quella di Maria che porta in sé l’Infinito e, al contempo, si lascia docilmente portare da esso. Ma von Balthasar si spinge oltre instaurando un parallelismo tra Madre-Bambino e credente-Dio. In Maria "il suo sentire il bambino contiene completamente l’essere sentita dal bambino: così come per il credente vedere Dio ha come presupposto l’essere visti da Dio"11. Tale esser visti da Dio ci riporta ancora verso l’atteggiamento di disponibilità di Maria che, nel suo essere umano (e dal consenso che ne deriva), non fa altro che configurarla al Figlio suo Unigenito, ma anche Unigenito del Padre ed ugualmente Servo che Egli sostiene e del quale si compiace12.

Una volta venuto alla luce, con la sua Nascita, questo Bambino ha bisogno, come gli altri suoi coetanei, di cure, a partire da quelle più elementari e primarie. L’obbedienza mostrata nell’episodio iniziale dell’Annunciazione si dilata ora nella disponibilità a seguire e ad educare

questo Bambino del tutto speciale13. Addirittura, parlando dell’Immacolata Concezione nel suo significato più autentico di non coinvolgimento nella colpa, von Balthasar fa dipendere e motiva la particolare situazione di Maria dal fatto che

ella deve concepire, far nascere ed educare il bambino il cui incarico divino sarà quello di portar via il peccato del mondo, come dice la Scrittura, e perché lo stretto legame tra una madre e il suo bambino non permette che una qualche ombra cada da lei sul suo bambino. Nessun ombra di concupiscenza, di egoismo, di chiusura in sé di nessuna specie14.

Il precisarsi del rapporto tra Madre e Figlio viene illustrato da von Balthasar dapprima in modo - potremmo dire - generico e naturalistico con l’osservare che "il bambino si risveglia alla coscienza di sé nel sentire il richiamo che gli rivolge l’amore della madre"15 quindi, estendendo il discorso a Maria, nota che:

il suo Figlio riceve da lei tutto quello che nell’uomo corrisponde, come fede, amore e speranza, al Dio a cui è legato al Patto di alleanza. Questo grembo accogliente deve perciò sin da principio essere del tutto preparato a questo, a dare al Figlio di Dio tutto quello che è richiesto dal Patto di alleanza, affinché egli, il Figlio, possa divenire la corporea unità del Patto, l’unità in carne ed ossa16.

Tutto questo obbedisce per von Balthasar ad una normale logica di crescita umana e spirituale: infatti "è giusto - egli scrive - che il bambino percepisca "Dio" in sua madre e nei suoi genitori e che solo in un secondo e terzo passo avanti debba imparare a distinguere l’amore di Dio dall’amore di cui ha fatto esperienza"17.

Si attua perciò in Maria una presa di coscienza delle proprie responsabilità nei confronti del Bambino, fermo restando che esso le è stato dato e che non potrà trattenerlo per sé18, ma dovrà darsi una ragione del distacco che si attuerà con il passare del tempo e che si manifesta in quell’episodio, caratterizzato da grande intimità familiare e religiosa costituito dalla Presentazione al Tempio dove sono da sottolineare tre elementi tra loro collegati: la Circoncisione, l’Imposizione del nome e la Spada che inizia a profilarsi.

· Circoncisione di Gesù: il Dio Altissimo nella Persona del Bambino, lascia fare questo segno su di sé (come accadrà per il Battesimo, soprattutto nella narrazione di Mt 3,13-17, dove c’è proprio il comando di lasciar fare dato da Gesù al Battista). In Lui questo segno assume un significato particolare perché è Egli l’Alleanza personificata. Segno di disponibilità: è il SI di Dio all’uomo che ci rende ragione di come il sangue di Gesù che scorre in questo rito dell’Antico Patto serve quale "caparra del sangue della passione mediante la quale si compirà la vera ed unica "purificazione", il vero e solo "riscatto"19.

· Imposizione del nome: anche questo è un segno di novità. Si colloca già nel nome di Gesù (Dio salva) tutto il contenuto ed il programma del piano di Dio si concentrano in questo Bambino.

· La Spada: Gesù è proclamato Luce delle genti e gloria di Israele, ma accanto a questo aspetto che potremmo definire gratificante (soprattutto per la madre), compare e si viene a profilare la Spada che trapassa l’anima della madre. Spada sulla quale von Balthasar si sofferma e che richiama spesso quasi come un ritornello musicale nella sua contemplazione teologica mariana. Spada della Parola, ma anche spada dell’impegno totale che Maria ha nei confronti di Dio, impegno contraddistinto dall’obbedienza non soltanto in direzione futura orientata alla Croce, ma con uno sguardo retrospettivo verso la Visitazione, evento in cui, come abbiamo visto, Maria si lascia condurre da Colui che è in Lei20.

Tutto questo ci introduce al SI mariano presente lungo l’esistenza di Cristo.

3. IL ‘SI’ MARIANO NELLA VITA E NELLA MORTE DI CRISTO

Abbiamo detto che Maria svolge nei confronti del Figlio una funzione pedagogica curandolo e "iniziandolo alla rinuncia"21. Ma a questo discorso se ne accosta un altro diametralmente opposto: è Gesù, dice von Balthasar, "a educare sua madre alla grandezza dell’incarico affidatole finché ella non diventi matura per stare sotto la Croce e per ricevere poi, nella Chiesa in preghiera, lo Spirito Santo destinato a tutti"22. C’è da notare che questo tema non è nuovo nella teologia che si è soffermata su questo rapporto singolare di discepolato di Maria nei confronti di Cristo, con tutte le imperfezioni che esso comporta. Possiamo, a titolo di esempio, fare un nome - forse il più conosciuto - quello di S. GIOVANNI CRISOSTOMO che prima di von Balthasar, ha sottolineato la funzione educativa di Gesù verso la Madre23.

Ciò che caratterizza il primitivo stato di Maria è la sua non comprensione e che, agli occhi di von Balthasar, rappresenta una iniziazione: non comprendere ciò che Gesù dice e che, nota il nostro autore: "Egli è veramente la via su cui ogni cristiano, anche Maria, deve prima andare per capire che egli è la verità e la vita"24.

Questo discepolato non comporta, come si potrebbe pensare a prima vista, una rottura o un capovolgimento brusco, quanto piuttosto può essere fatto scaturire dal rapporto madre-bambino che, abbiamo visto nella parte precedente, è esteso anche a Maria e al Figlio. È necessario allora ripartire dalla seguente descrizione di rapporti fatta da von Balthasar. Scrive il nostro autore:

Mentre il bimbo dorme, la madre veglia; quando egli si dà liberamente, ella sta attenta e sorveglia; quando egli ha apparentemente interrotto il contatto, la madre raddoppia la comunicazione. E quando lei stessa deve dormire, lo fa rivolta verso il bambino per potersi svegliare al suo più piccolo movimento. "Io dormo" dice la Sposa del Cantico dei Cantici, ma "il mio cuore veglia". Il bambino ha suscitato questa capacità della madre di essere così attenta e pronta; ella deve solo aprirsi all’istinto materno che la guida. La sua prontezza è come un eco all’inerme necessità di dipendere del bambino. E così diventa ancora una volta chiaro come il bambino divino, facendosi uomo, ci coinvolge nella sua condizione infantile proprio rendendoci madri25.

In questa lunga citazione appaiono degli elementi molto utili a definire i modi attraverso i quali il SI mariano non resta confinato agli eventi iniziali di Cristo, ma si estende lungo la sua esistenza. Un’esistenza nella quale von Balthasar individua quattro momenti nei quali è possibile notare come se Gesù educa la madre anche a costo di farla restare in una situazione di smarrimento, tutto ciò non è altro che un’ulteriore manifestazione approfondita del SI degli inizi e come la cornice sia sempre rappresentata dalla Spada.

Primo momento è l’episodio del Ritrovamento nel Tempio (Lc 2,41-50): il non comprendere di Maria (e di riflesso di Giuseppe) equivale a non riuscire a percepire come sia necessario convincersi che vi sia una volontà del Padre e ad essa conformarsi. Il Figlio, in primo luogo, percorrendo questa strada diviene Tempio di Dio nel mondo per cui può prendersi il lusso di dire che ricostruirà il Tempio in tre giorni (Cfr. Gv 2,19) dando ad esso il significato più pregnante: il tempio del suo corpo (Cfr. Gv 2,21). Tutto l’itinerario a ritroso di Maria e di Giuseppe che ci viene narrato in Lc 2,44-45 è mosso da una ricerca angosciosa e ciò - nota von Balthasar - similmente ai tre giorni pasquali. Una ricerca non vana ma laboriosa e che impone una progressiva spoliazione.

A Giuseppe e a Maria, a noi, oggi Gesù non risparmia questa ricerca: solo attraverso di essa, fatta non sempre in condizioni agevoli, si ha il ritrovamento. Tale è appunto quello di Maria al quale si aggiunge la maturazione interiore che le permette di considerare come questo Figlio sia unico, particolare tale da non poter essere monopolizzato. Gesù torna ad essere sottomesso (Cfr. Lc 2,51), Maria può continuare ad esercitare su di lui, dodicenne, una funzione di maestra, ma Cristo le ha già offerto una prima lezione di distacco.

Tre giorni è durata la separazione dalla famiglia di sangue, tre anni, Maria e Giuseppe in età adulta lo vedranno raramente e non sempre accolti come ci si potrebbe immaginare.

Ma proprio la via del distacco per occuparsi delle cose del Padre (Cfr. Lc 2,49) è quanto caratterizza la vita di Cristo e del cristiano che la deve percorrere per ritrovare la sua realizzazione più autentica. Spoliazione, impegno, risposta netta: la Spada profetizzata da Simeone diviene per Maria la guida infallibile e, per il cristiano, il criterio di divisione per una nuova e più sublime unità (Cfr. Mt 10,24b: "non sono venuto a portare pace, ma una spada")26.

Un’altra tessera del mosaico mariano del SI ci viene offerta dall’episodio delle Nozze di Cana (Gv 2,1-12). Due aspetti vengono qui approfonditi da von Balthasar: la durezza della risposta data da Cristo alla madre e come quest’ultima rimandi a Cristo i servi. Due aspetti che il nostro autore tiene insieme in nome della fede: "Che ho da fare con te, o donna ? Non è ancora giunta la mia Ora." (Gv 2,4). Si tratta di una risposta che Maria non comprende, come non ha compreso l’intervento di Gesù dodicenne al tempio. Attraverso questo tono brusco si attua un ulteriore distanziamento: Maria - nota von Balthasar - viene respinta nel deserto spirituale della contemplazione. "Un deserto nel quale da lontano, solo pregando e meditando può seguire il cammino del Figlio che finisce sotto la Croce dove il Figlio la cede definitivamente al discepolo che la accoglie "presso di sé" nella Chiesa, di cui sarà da allora centro e immagine, come Chiesa nel deserto di questo tempo"27.

L’atteggiamento è simile a quello che abbiamo visto nella conclusione dell’episodio del ritrovamento, ma accresciuto nel suo spessore. Lì, a Gerusalemme, Maria "serba tutte queste cose nel suo cuore" (Lc 2,51), qui a Cana, la fede è più evidente anzi - dice von Balthasar - irremovibile, tanto da spingere Maria ad intimare ai servi l’obbedienza (Cfr. Gv 2,5). Attraverso questa fede Maria "ottiene un’anticipazione simbolica dell’eucaristia, una prefigurazione simile a quella della moltiplicazione dei pani"28.

Il SI mariano sembra assumere in questo episodio una connotazione gioiosa derivata dal fatto, che in fondo, Maria contribuisce a salvare il banchetto nuziale: il Figlio opera il miracolo venendo colpito dalle parole della madre29. In realtà, c’è dietro tutto un significato eucaristico ed ecclesiologico: il Fate quello che vi dirà è molto vicino al Fate questo in memoria di me di Cristo nell’Ultima Cena. In tal modo Gesù consegna ai discepoli la parte attiva della sua disponibilità a Dio e agli uomini. Ed è qui che si inserisce la dimensione eucaristico-ecclesiale e, nuovamente, mariana che von Balthasar sviluppa rispondendo alla domanda se la S. Messa è un sacrificio. Ed è una risposta positiva in quanto essa è il sacrificio di Cristo che Egli stesso dona ai discepoli (alla Chiesa) affinché possano offrire qualcosa a Dio. Nota von Balthasar:

Se nella S. Messa la Chiesa a suo modo, "consacrifica", è pur vero che l’ha fatto una volta per tutte sulla Croce nel suo modello primigenio (...). Tutto questo, però, assume importanza solo se si ritiene che la Chiesa è prototipicamente la Donna, è Maria: non un "popolo" meramente sociologico, ma il popolo eletto, discendente da Abramo, che è sintetizzato dapprima in Maria, per svilupparsi subito da essa e dal Figlio suo in un nuovo popolo30.

Cana, quindi, assume un significato ed una funzione di rimando a quanto accadrà nell’Ora della Croce, rimando che il nostro autore precisa in questi termini:

Gesù ha iniziato il suo ministero e non è più il figlio personale. E nel ministero egli vede in Maria non la madre personale, bensì "la donna", l’altra, "l’ausiliatrice" , la quale però inizierà la sua vera parte soltanto quando lui sarà, sulla croce, definitivamente il "nuovo Adamo". Ella ha già sofferto, la spada è già infissa nella sua anima. Egli invece cammina incontro alla sua "ora". Allora il perfettamente povero e lo spogliato di tutto, anche di Dio, cambierà il vino nel suo sangue: esaudimento, immenso, di ogni preghiera più audace31.

Terzo momento: la nuova parentela di Gesù (Mc 3,31-35). Anche qui viene operato un distanziamento per farci comprendere il cammino di Maria che si svolge nel tempo sull’orizzonte di quello di Cristo. Se si tiene conto di come il SI mariano è modellato su quello di Cristo al Padre, le parole di Mc 3,35 non devono risultare incomprensibili: "Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre". Ciò significa - in modo analogico - che "il Figlio di Dio vuole prendere forma umana da tutti e in tutti coloro che gli somigliano come fratelli e sorelle nella misura in cui come lui stesso si consacrano a fare la volontà del Padre"32.

In altre parole: Gesù non si lascia coinvolgere dal fatto che la madre e i parenti lo chiamano; Egli è occupato a fondare una nuova famiglia, ma aggiunge von Balthasar:

include Maria tra le cause della sua origine. Ciò avviene in via indiretta, dato che nella scena di cui si tratta egli non lascia entrare sua madre, tuttavia in un modo che, sia pure nascostamente, la sua origine da lei, dal suo SI come causa integrante viene assunta a condizione per la nascita da Dio dei suoi fratelli e sorelle33.

Questo motivo compare anche nell’ultimo quadro: esso è la causa di beatitudine vera come appare nel racconto della donna tra la folla che proclama beati il ventre e il seno della madre di Gesù (Lc 11,27-28)34. Ci ritroviamo nuovamente con una risposta apparentemente fuorviante e che sposta il discorso: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano". Si tratta anche qui di un effetto del SI mariano. Gesù rifiuta le parole della donna del popolo, ma "Egli sa di dover tener conto del fatto che il "Si" della Madre, sempre valido, può sempre venir utilizzato anche in una maniera che non fa se non nascondere ancor più profondamente la vera posizione di lei nella Nuova Alleanza"35. Come, del resto, era accaduto nell’episodio della Presentazione di Gesù al Tempio e che comportava la Purificazione per la Madre, già pura in sé. Il tutto, ovviamente, in un’ottica di conformazione.

E veniamo alla Croce (Gv 19,25-27) luogo ed evento dove si completa l’itinerario di espropriazione che unisce la Madre al Figlio, entrambi associati in una situazione di morte. Nell’evento della morte di Cristo, la Madre pronuncia un nuovo SI, più forte - nella sua intensità - rispetto a Lc 1,26-38. L’accettazione e la disponibilità che erano le sue caratteristiche in quella scena iniziale tornano ora quali segni di una fedeltà incondizionata che mette da parte tutto per l’unico obiettivo. Maria si trova ad essere "abbandonata, respinta per essere più unita a colui che è abbandonato e respinto dal Padre"36. Il suo SI è ora concorde con quanto sta accadendo al Figlio e questo è in sintonia con quanto il Figlio, col suo atto di amore sta facendo: Egli offre la sua vita, nessuno gliela toglie37. Nel momento in cui Cristo sperimenta l’impotenza estrema della Croce appare la piena manifestazione dell’amore e Maria non può opporsi a tale evento. Appare disumano ciò che agli occhi di Dio è causa di salvezza e solo in una dimensione di salvezza è comprensibile storicamente ed umanamente38. La spada annunciata dal vecchio Simeone, le varie predizioni che Cristo fa della sua morte violenta, nonché le espressioni di allontanamento della Madre trovano il loro significato e la loro risoluzione positiva guardandole attraverso la Croce.

"Diventare cristiani - nota von Balthasar, riecheggiando S. Leone Magno - significa pervenire alla croce. Se questa legge comincia a produrre i suoi effetti nei cristiani, allora si ha come conseguenza necessaria che "non sono io che soffro, ma Cristo soffre in me", Cristo che ha fatto di me un organo per la sua redenzione"39.

Ciò impedisce di scorgere esteriorità nel SI di Maria, ma esso è "il consenso di quel noi per cui soffre l’uomo-Dio pronunciato al posto di tutti gli altri che ancora non possono formularlo"40.

Volendo ancor più precisare, von Balthasar parla di martirio incruento di Maria come caso serio da cui nasce la Chiesa:

È la fecondità della "mater dolorosa" della donna partoriente dell’Apocalisse. Il grido del parto coincide con il muto grido di morte della madre alla morte del figlio. Ma il grido di morte non è altro che la radicale conseguenza dell’assenso di Nazareth, che ha dato mano libera a Dio per tutte le divinità divinamente incalcolabili, che trascendono di molto le possibilità umane. Quell’assenso era già mortale, sia che Maria lo sospettasse o no. Era infatti un assenso senza limiti, che pertanto includeva l’estremo, il morire e l’uccidere: e precisamente come evento accettato, se è "secondo la tua parola"41.

Si evidenzia qui il carattere di testimonianza che Maria offre della novità di un Dio che si fa crocifiggere, che muore non per sé stesso, ma coinvolgendo l’intera umanità a cominciare dalla Madre che ne è la rappresentante più autentica.

4. IL ‘SI’ MARIANO DELLA GLORIA

È chiaro che qui la gloria di Maria è quella della sua Assunzione conseguenza della Resurrezione del Figlio. Sono proprio questi due eventi a chiudere l’itinerario terreno di Maria e a mostrarci l’esito estremo del suo SI.

Anzitutto la Resurrezione come evento trinitario che von Balthasar spiega nei seguenti termini

con la sua morte sulla croce, il Figlio di Dio ha adempiuto il proprio mandato, ha restituito al Padre, insieme al suo spirito umano anche il suo santo Spirito della missione. Come uomo, non può neanche risorgere dai morti; è il Padre, che "quale Dio che da vita ai morti" (Rm 4,17) lo ha resuscitato dai morti, affinché come Colui che si è riunito al Padre, egli mandi lo Spirito di Dio nella Chiesa42.

Ad evento accaduto è la Chiesa a collocarsi in primo piano con la Vergine al centro in preghiera affinché le accada ciò che è accaduto alla Madre del Signore: non è un gioco di parole! C’è un rapporto reciproco di fondo: la Chiesa prega con Maria, ma quest’ultima continua a pregare affinché l’incarnazione del Verbo si comunichi a tutta la comunità. Ancora compare un rimando all’Eucaristia.

Un’incarnazione che, per la comunità, significa ripetere il SI mariano dell’accoglienza nel contesto di questo mondo dove si è esposti ad ogni genere di pericoli. In tal modo "viene alla luce l’inesplicabile paradosso della vita cristiana, per cui il cristiano deve addossarsi ogni giorno la propria croce per risorgere ogni giorno con il Signore, morto sulla croce"43.

Ma il carattere inspiegabile, difficile da cogliere si chiarifica attorno al concetto di assunzione che, prima di essere l’evento finale della vita di Maria, è l’evento iniziale della vita del Figlio, nel quale Egli è una carne con la Madre: la carne dell’uomo. Tutto questo nel quadro di un assenso: il SI di Maria, nota von Balthasar, "è preesistente a lei stessa: ella lo viene a pronunciare sulla terra e ad attuarlo vivendo, ma il suo assenso la riconduce in cielo nella sua totalità"44.

In altre parole: se Gesù fa perfettamente la volontà del Padre sulla terra come in cielo, ciò vuol dire che il cielo si fa largo in questa terra proprio come desiderio realmente e concretamente adempiuto e non come luogo determinabile psicologicamente o naturalisticamente.

Se a proposito del SI mariano, la Madre di Dio ha conseguito una maturazione anche attraverso le molte prove, che abbiamo visto, nell’infanzia e nella vita terrena, ora Lei è in grado come nessun’altra creatura di poter accedere a questa nuova dimensione senza però dimenticare quella terrena.

Il Concilio Vaticano II ha efficacemente e felicemente sintetizzato con il linguaggio tipico dei documenti magisteriali questa situazione di Maria che riveste anche una specifica funzione. Nella Lumen Gentium leggiamo infatti:

(Maria) brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore (cfr. 2 Pt 3,10)45.

Dal canto suo, von Balthasar in toni più letterari e spirituali ci mostra accanto alla situazione di Maria anche la nostra:

(Maria) non è nel cielo o sulla terra, bensì è nella terra elevata al cielo e nel cielo rivolto verso la terra. Ella è terra e cielo allo stesso tempo. E questo non in una lacerazione, bensì nella più perfetta naturalezza, giacché così è stato pensato lo stato definitivo della creatura. (...) Noi dobbiamo guardarci dal trasferire in questa immagine le nostre idee di distanza tra cielo e terra. E nemmeno le nostre idee di differenza tra Chiesa celeste e Chiesa terrestre. Entrambi gli aspetti della Chiesa sono pienamente contenuti l’uno all’interno dell’altro. Noi viviamo nella comunione dei santi, che questi santi siano ora quelli definitivamente santificati, che non possono più peccare, o noi poveri santificati, che ancor sempre siamo sottoposti alle tentazioni e alla peccabilità. Noi che, lo vogliamo o no, abbiamo sempre già parte alla "festosa comunità dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli", e non ci sarebbe da stupirsi se, una volta che dopo la nostra morte "saliamo in cielo", scoprissimo che, senza accorgercene, ci siamo già stati46.

Parole rassicuranti che tracciano l’esperienza duplice che Dio fa dell’uomo e quella che l’uomo fa di Dio, il quale gli offre la possibilità di esprimersi, sebbene in modo incompleto, sulla propria grandezza.

CONCLUSIONE

A conclusione del nostro percorso, possiamo fare un po’ di memoria storica per ricollegarci a quanto detto inizialmente. Un famoso filosofo francese del secolo XVII, CARTESIO, è passato alla storia per la sua frase composta di 3 sole parole nelle quali racchiudeva tutta la sostanza del suo pensiero. La frase la conosciamo tutti ed è Cogito ergo sum (che tradotto significa Penso dunque sono, esisto). Questo significava per Cartesio che soltanto l’attività intellettuale, pensante garantisce l’uomo come esistente e che - di conseguenza - sogni, sentimenti, immaginazioni devono essere respinti in quanto non giovano alla crescita conoscitiva dell’uomo.

L’impostazione cartesiana ha pesantemente influenzato l’Occidente filosofico e teologico e di ciò von Balthasar è cosciente. Tuttavia partendo da questa frase von Balthasar fa dipendere tutta la sua teologia; ma attenzione! Egli ne opera un rovesciamento radicale: da Cogito (penso) a Cogitor (ossia sono pensato): nella misura in cui sono pensato esisto ed il pensiero in questione è quello di Dio che si esprime in forza dell’amore: il nostro pensiero, la nostra conoscenza, il nostro amore sono sempre forme di risposta ad un’iniziativa, ad un pensiero e ad un amore che, in prima istanza, spettano solo a Dio. Scrive von Balthasar:

la nostra conoscenza di Dio è (...) un suo atto creatore: "Il Dio che disse: ‘brilli la luce dalle tenebre’, è brillato nei nostri cuori per far risplendere nei nostri cuori per far risplendere la conoscenza della gloria divina che brilla sul volto di Cristo". (...) L’unità del conoscere e dell’essere conosciuto non può venir espressa in modo più profondo e interiore47.

Tale è stato anche l’itinerario di Maria pensata da Dio e perciò esistente, ma anche destinata a rappresentare in sommo grado l’umanità accogliente nei confronti di quel Dio che nel crearla l’ha accolta e continua ad accoglierla nonostante il suo peccato e la sua infedeltà che spesso traspare.

Accoglienza e redenzione, creazione e divinizzazione dell’uomo (per usare un termine caro all’Oriente) si leggono e si comprendono guardando la vicenda di Maria, ma soprattutto elevandola a parametro con il quale considerare la nostra povera vicenda umana.

Maria è davvero il luogo ove si rende visibile il SI di Dio all’uomo, un SI trasformante sempre e ovunque in quanto modello sempre attuale e sempre realizzante. Davvero tutte le genti l’hanno chiamata, la chiamano e la chiameranno beata perché Gesù Cristo - nel quale c’è stato solo il SI (Cfr. I Cor 1,20) - è lo stesso ieri, oggi e sempre (Cfr. Eb 13,8).

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TESTI DI HANS URS VON BALTHASAR PER APPROFONDIRE LA TEMATICA

- Punti fermi, Milano 1972
- Il tutto nel frammento, Milano 1972
- Gloria V, Milano 1981
- Gesù ci conosce ? Noi conosciamo Gesù, Brescia 1982
- Teodrammatica III, Milano 1983
- Spiritus Creator, Brescia 1983
- Il Rosario, Milano 1984
- Gloria I, Milano 1985
- Meditare da cristiani, Brescia 1986
- Piccola guida per i cristiani, Milano 1986
- Maria per noi oggi, Brescia 1988
- Nuovi punti fermi, Milano 1990
- Tu coroni l’anno con la tua grazia, Milano 1990
- Luce della Parola, Casale Monferrato 1990
- Teologia dei tre giorni, Brescia 1990
- Homo creatus est, Brescia 1991
- Cordula, Brescia 1993
- Maria icona della Chiesa, Cinisello Balsamo 1998

N. B.: evidentemente questi sono solo alcuni testi di von Balthasar. Per una bibliografia pressoché completa dei suoi scritti rimandiamo a C. CAPOL, Hans Urs von Balthasar. Bibliographie, Einsiedeln 1990. Si tratta di una bibliografia che elenca i testi originali con le traduzioni in diverse lingue compreso l’italiano.

P. Luca M. Di Girolamo osm
Viale XXX Aprile, 6
00153 ROMA

 

 

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