MARIA MAESTRA DI SPERANZA E DI GIOIA

Angelo Amato, SDB

1. Maria maestra

A Maria la devozione del popolo di Dio ha attribuito innumerevoli titoli che sono come i grani di una preziosa collana di perle. Le litanie lauretane ne sono un esempio: “mater divinae gratiae”, “mater amabilis”, “mater admirabilis”, “mater boni consilii”, “mater creatoris”, “mater salvatoris” ecc.
Uno dei titoli più suggestivi e moderni di questa collana di titoli è quello attribuito a Maria da Paolo VI, che la chiama “pietatis magistra singulis christianis”1.
Maria, cioè, è maestra di vita spirituale per i singoli cristiani. In altri termini, oltre ad aver educato Gesù, ella ha anche il compito di educare i singoli battezzati, ognuno di noi, a vivere con coerenza e armonia la vita in Cristo.
Precisiamo subito, che questo magistero di Maria non contraddice affatto alla parola del Signore, che si proclama nostro maestro unico ed esclusivo: «uno solo è il vostro Maestro, il Cristo» (Mt 23,10). Gesù resta l'unico e solo maestro della nostra esistenza: è lui che ci rivela la verità sul meraviglioso mistero di Dio Trinità, sul suo piano di salvezza dell'umanità intera, sul significato e sul grande valore di ogni essere umano e di ogni essere vivente. È lui che ci ha insegnato a vivere nella gioia e nella speranza.
Le beatitudini non sono altro che i comandamenti della felicità e della gioia cristiana:

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi» (Mt 5,3-12).

La felicità e la gioia cristiana fanno parte integrante del vangelo, che è di per sé una buona notizia, un lieto annuncio. Le beatitudini evangeliche mostrano che Dio non è lontano da noi, ma ci è vicino: è vicino ai poveri, agli afflitti, ai perseguitati offrendo loro la speranza dell'abbondanza dei beni su questa terra, la speranza della consolazione, della giustizia, della ricompensa eterna, della figliolanza divina.

È Gesù che ci ha insegnato ad avere speranza: «Non abbiate timore» egli ripete innumerevoli volte, sia prima (cf. Mc 6,50; Lc 12,4.7; Gv 6,20) sia dopo la Pasqua (cf. Mt 28,10). È lui il nostro unico “principio speranza”, perché lui solo può rispondere positivamente ed efficacemente ad ogni nostra invocazione, a ogni nostro progetto, a ogni nostra preghiera, a ogni nostro desiderio.

Ma, se è vero che sia stato Gesù sul monte delle beatitudini a insegnarci a vivere nella gioia e nella speranza cristiana, è anche vero che fu lo stesso Signore sul monte Calvario, nell'ora solenne e tragica della sua morte, ad affidare tutti noi a Maria, come nostra madre: «ecco la tua madre» (Gv 19,27). È questo il fondamento solido per qualificare Maria, nostra madre, nostra educatrice, nostra maestra, nostra formatrice.

Il gesto di nostro Signore è stato rievocato e ribadito dal Santo Padre nella lettera apostolica Novo Millennio Ineunte (6 gennaio 2001), nella cui conclusione si afferma:

«Tante volte in questi anni l'ho presentata [Maria] e invocata come “Stella della nuova evangelizzazione”. La addito ancora, come aurora luminosa e guida sicura del nostro cammino. “Donna, ecco i tuoi figli”, le ripeto, riecheggiando la voce stessa di Gesù (cf. Gv 19,26), e facendomi voce, presso di lei, dell'affetto filiale di tutta la Chiesa» (NMI n. 58).

Maria, del resto, è abilitata a essere nostra maestra e guida perché è stata la prima tra i santi della nuova alleanza a fare esperienza personale delle beatitudini evangeliche in quegli avvenimenti di grazia che la tradizione cristiana chiama “misteri gaudiosi” e “misteri gloriosi”.

2. I “misteri gaudiosi” educano alla gioia

Maria, infatti, aveva detto sì all'annuncio dell'angelo, mettendosi subito al servizio del suo prossimo presso la cugina Elisabetta. Questo evento la fa sussultare di gioia: Magnificat anima mea Dominum et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo. Obbedienza e servizio, sì alla chiamata di Dio e sì alla chiamata del prossimo, costituiscono la fonte della gioia cristiana. Ecco il primo insegnamento di questa pedagogia mariana della gioia, fondata sull'ascolto della parola di Dio e sulla sua accoglienza sia nel nostro cuore sia nelle nostre azioni.

L'esperienza di gioia di Maria si accresce con la nascita di Gesù a Betlemme. Gesù, il figlio santo di Dio, è ora bambino tra le sue braccia di madre. Il cuore di Maria si gonfia di santa allegrezza. Le sue mani diventano la culla del creatore dell'universo. Maria diventa la terra che ospita Dio. L'inospitalità di Betlemme non impedisce la gioia della nascita del redentore e tale gioia viene proclamata a tutto il popolo: «Non temete - disse l'angelo ai pastori - , ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo» (Lc 2,10). Ed ecco un secondo insegnamento di questa educazione mariana: la gioia la si può vivere anche nella povertà, nel disagio, nella persecuzione, nella inospitalità, se Gesù vive nei nostri cuori.

I misteri gaudiosi di Maria vengono completati dalla presentazione di Gesù al tempio e dal suo ritrovamento, quando era dodicenne, sempre nel tempio. In entrambe le situazioni Maria vive momenti di disagio, sia quando Simeone le annuncia che una spada le trapasserà l'anima (Cf. Lc 2,34-35), sia quando Gesù le risponde che deve attendere alle cose del Padre suo (cf. Lc 2,46-50). In entrambi i casi la dolcezza della festa si accompagna all'ombra del sacrificio e della separazione. Commenta al riguardo Romano Guardini:

«Maria ha ricevuto il suo Bambino da Dio e gli ha messo a disposizione tutto il suo essere; Egli è tutto, per Lei; pure non le appartiene in proprio: il primo atto solenne della sua maternità è un sacrificio […]. Nell'intima unione fra Madre e Figlio è penetrata una forza che le porta via il Fanciullo: la potenza del Padre»2.

Anche queste due esperienze “gaudiose” di Maria costituiscono un ulteriore insegnamento per noi. La nostra anima accoglie Gesù, che nasce nel nostro cuore e lo riempie di consolazioni. Arrivano, però, le notti oscure, i veli che offuscano la vista, le fatiche del cuore e Gesù sembra allontanarsi fino a scomparire. In queste circostanze la fede si apre alla speranza, e si spera “contro ogni speranza” (Rm 4,18). Ma alla fine del tunnel oscuro, ecco di nuovo la luce: la speranza rinasce, perché Cristo è risorto nel nostro cuore.

3. I “misteri gloriosi” educano alla speranza e alla gioia

«Mater spei», madre della speranza, viene invocata Maria. E a ragione. Nell'ora della prova, durante la passione, Maria la madre ha seguito e accompagnato Gesù passo passo fino al sacrificio supremo sulla croce. Maria è stata fino all'ultimo discepola fedele del suo Figlio. Non ha mai interrotto la sequela Christi. Anzi, proprio in questo periodo, Maria è stata la madre che ha sostenuto la speranza di chi aveva perduto ogni speranza. E la sua grande fede fu premiata da Gesù, che per primo apparve a sua madre.

Nella catechesi mariana di mercoledì 21 maggio 1997, il Santo Padre Giovanni Paolo II diceva:

«È […] legittimo pensare che verosimilmente la Madre sia stata la prima persona a cui Gesù risorto è apparso. L'assenza di Maria dal gruppo delle donne che all'alba si reca al sepolcro (cf. Mc 16,1; Mt 28,1), non potrebbe forse costituire un indizio del fatto che Ella aveva già incontrato Gesù? Questa deduzione troverebbe conferma anche nel dato che le prime testimoni della risurrezione, per volere di Gesù, sono state le donne, le quali erano rimaste fedeli ai piedi della Croce, e quindi più salde nella fede»3.

Che l'eventuale apparizione del Risorto alla madre non venga registrata nei vangeli, viene spiegato col fatto che si tratterebbe di una testimonianza superflua. Il benedettino inglese, Eadmero di Canterbury (1064-1124), a questo proposito, afferma:

«Se vi fosse scritto [nei vangeli] che alla Madre del Signore, alla Regina del mondo, lo stesso Figlio suo, risorgendo dai morti, è apparso come ad uno qualsiasi e l'ha in questo modo informata della sua risurrezione, chi non giudicherebbe superflua questa testimonianza scritta? È come se mettesse la Regina del cielo e della terra e di ogni creatura sullo stesso piano del tale o talaltro, uomo o donna che sia, ai quali Gesù apparve»4.

In realtà, Gesù Risorto che appare per primo a sua Madre è un tema caro alla pietà sia occidentale sia orientale. Abbiamo testimonianze di ciò fin dal primo millennio dell'era cristiana.
Il poeta latino Sedulio (prima metà del secolo V), nel suo Carme pasquale, riporta la prima apparizione del Cristo risorto a Maria:

«Il Signore si mostrò innanzitutto al suo sguardo [di Maria] quando si presentò apertamente nella luce, affinché la buona madre, divulgando i grandiosi miracoli, essendo stata un giorno la via per la sua prima venuta, diventasse anche il segno del suo ritorno»5.

Nel secolo VI, il vescovo Cesario di Arles, in uno dei suoi sermoni, paragonando Maria alla luna e San Giuseppe e gli undici apostoli al sole e alle undici stelle del sogno di Giuseppe dell'AT (cf. Gn 37,9-13), afferma che questo sogno si è realizzato nella risurrezione di Gesù:

«Questo sogno non si adempì per quel Giuseppe, mentre i misteri di quel sogno si sono adempiuti nel nostro Giuseppe, cioè nel Signore nostro Gesù Cristo. Infatti il sole, la luna e le undici stelle lo hanno adorato quando dopo la risurrezione la santa Maria, come luna, e il beato Giuseppe, quasi come il sole insieme alle undici stelle, cioè i beati Apostoli, si sono curvati e prostrati davanti a lui, portando a compimento la profezia che aveva detto: “Lodatelo, sole e luna, lodatelo, voi tutte, fulgide stelle” (Sal 148,3)»6.

Nel vangelo apocrifo di Gamaliele (sec. VI), si narra di Santa Maria che non trova il corpo di Gesù nel sepolcro:

«Ma poi apparve la luce e, mentre ella nel suo cuore era afflitta e addolorata, un forte profumo di aromi si effuse dal lato destro dell'ingresso del sepolcro. Sembrava che si sprigionasse il profumo dell'albero della vita. La Vergine si voltò, guardò al lato destro della tomba presso una spirale d'incenso e vide il buon Dio là, in piedi, con un abito molto bello di porpora celeste»7.

Giorgio di Nicomedia (sec. IX) loda Maria, come colei che fu la prima a vedere il Figlio risorto e a provare «la gioia della risurrezione vivicatrice»8.

Un theotokion, composto dall'imperatore Costantino VII Porfirogenito (sec. X), così loda la Beata Vergine:

«Ti sei rallegrata con i discepoli, o Vergine Madre di Dio, perché hai visto Cristo risuscitato dal sepolcro il terzo giorno, come egli aveva predetto. Manifestatosi anche ai discepoli, egli li ammaestrò e insegnò loro le cose migliori, dando loro l'ordine di battezzare nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo e a noi di credere nella sua risurrezione e di glorificare te, o Fanciulla»9.

Uno scrittore copto del secolo VIII immagina un dialogo tra Maria e il suo figlio divino. A Maria spaventata dal fulgore del risorto, Gesù risponde:

«“O madre mia, che mi portasti nel tuo seno per nove mesi e cinque giorni, che mi portasti sul dorso, che mi nutristi del latte delle tue mammelle, più dolce del miele e dello zucchero, più bianco del latte, più limpido dell'acqua del giardino dell'Eden, cosa farò per te, o Maria, madre mia, per quale opera mi hai chiamato? Quale domanda ti devo accordare? Cosa vuoi da me, cosa devo fare per te?”. La Vergine benedetta rispose al figlio diletto: “Mio figlio e mio diletto, mio Signore Gesù Cristo, mio Dio, mio Salvatore e mio Sovrano; tu sei la mia speranza, il mio rifugio, la mia forza: è in te che metto la mia fiducia […]; sei tu che menzionerò in ogni tempo e alla fine dei giorni; tu sei nato da me per tua propria volontà e con il consenso di tuo Padre e dello Spirito Santo. Ora, mio Signore, ascolta la mia preghiera e la mia richiesta, presta l'orecchio alle parole che la mia bocca sta per pronunciare”»10.

Nella nostra tradizione latina, questo evento è stato registrato sia negli Esercizi Spirituali di Sant'Ignazio di Loyola, che nella prima meditazione della quarta settimana pone la contemplazione su “Come Cristo Nostro Signore apparve alla Madonna” (n. 218-219; 299); sia nella pietà popolare, nella nota processione dell'Incontro del Risorto con la Madre, all'alba della domenica di Pasqua (il Salubong della tradizione filippina).

Il significato di questo straordinario mistero glorioso viene spiegato dal Santo Padre con queste parole:

«Presente sul Calvario durante il Venerdì Santo (cf. Gv 19,25) e nel cenacolo a Pentecoste (cf. At 1,14), la Vergine Santissima è probabilmente stata testimone privilegiata anche della risurrezione di Cristo, completando in tal modo la sua partecipazione a tutti i momenti essenziali del Mistero pasquale. Accogliendo Gesù risorto, Maria è inoltre segno ed anticipazione dell'umanità, che spera nel raggiungimento della sua piena realizzazione mediante la risurrezione dai morti.
Nel tempo pasquale la comunità cristiana, rivolgendosi alla Madre del Signore, la invita a gioire: “Regina Caeli, laetare. Alleluia!”, “Regina del cielo, rallegrati. Alleluia!”.
Ricorda così la gioia di Maria per la risurrezione di Gesù, prolungando nel tempo il “rallegrati” rivoltole dall'Angelo all'annunciazione, perché divenisse “causa di gioia” per l'intera umanità»11.

Gioia e speranza sono esperienza vissute da Maria, che, come madre, modello e maestra della Chiesa, insegna a tutti i suoi figli.
Il poeta Charles Péguy riassume bene questo in una sua preghiera alla Vergine:

«A colei che è infinitamente ricca.
Perché è anche infinitamente povera.
[…] A colei che è infinitamente giovane.
Perché è anche infinitamente madre.
[…] A colei che è infinitamente gioiosa.
Perché è anche infinitamente dolorosa.
Settanta e sette volte settanta volte dolorosa.
A colei che è infinitamente commovente.
Perché è infinitamente commossa.
A colei che è tutta Grandezza e tutta Fede.
Perché è anche tutta Carità.
A colei che è tutta Fede e tutta Carità.
Perché è anche tutta Speranza»12.

4. Le sette gioie di Maria e la nostra speranza

La celebrazione di Maria è una caratteristica della Chiesa indivisa. Filippo il Cancelliere (sec. XIII) ha un opuscolo dedicato alle sette gioie della Beata Vergine. In realtà, si tratta di sette invocazioni a Maria, madre e maestra della nostra gioia e della nostra speranza. Eccole, in un nostro adattamento.

1. Ave, Maria, piena di grazia, tempio della Trinità, ornamento della suprema bontà e misericordia.
Per questa tua gioia noi ti preghiamo di meritare che Dio Trinità abiti sempre nel nostro cuore e ci accolga nella terra dei viventi.

2. Ave, Maria, Stella del mare. Come il fiore non perde la bellezza a causa del profumo che emana, così tu non perdi il candore della veriginità per la nascita del Creatore.
O Madre pia, per questa tua seconda gioia, sii nostra maestra nell'accogliere Gesù nella nostra vita.

3. Ave, Maria, la stella che vedi fermarsi sul bambino Gesù ti invita a rallegrarti perché tutte le genti adorano il tuo Figlio.
O stella del mondo, fa' che anche noi possiamo offrire a Gesù l'oro della purezza della nostra mente, la mirra della castità della nostra carne, l'incenso della preghiera e dell'adorazione continua.

4. Ave, Maria, una quarta gioia ti è concessa: la risurrezione di Gesù il terzo giorno. Questo evento rafforza la fede, fa rinascere la speranza, concede la grazia.
O Vergine, madre del Risorto, effondi preghiere a tutte le ore affinché, grazie a questa gioia, al termine della nostra vita, siamo riuniti ai cori beati dei cittadini del cielo.

5. Ave, Maria, hai ricevuto una quinta gioia, quando hai visto il Figlio salire alla gloria.
Attraverso questo gioia imploriamo di non sottometterci alle potenze del demonio, ma di salire al cielo, dove finalmente possiamo godere con te e con il Figlio tuo.

6. Ave, Maria, piena di grazia. La sesta gioia te la dona lo Spirito Santo Paraclito, quando discende dall'alto a Pentecoste sotto forma di lingue di fuoco.
Per questa tua gioia noi speriamo che il Santo Spirito bruci col suo fuoco di grazia i peccati causati dalla nostra cattiva lingua.

7. Ave, Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Alla settima gioia Cristo ti ha invitato quando ti ha chiamato da questo mondo al cielo, innalzandoti al di sopra di tutti i cori celesti.
O Madre e Maestra, intercedi per noi affinché anche noi siamo innalzati al sommo delle virtù della fede, della speranza, della carità per poter un giorno essere uniti ai cori dei beati nella gioia eterna.


Preghiamo.
Signore Gesù Cristo,
che ti sei degnato di rallegrare la gloriosa Vergine Maria
con questa gioia settiforme,
concedimi di celebrare devotamente queste medesime gioie,
affinché, mediante la sua materna intercessione e i suoi meriti gloriosi,
io possa essere sempre liberato da ogni tristezza presente
e meritare di gioire eternamente della tua gloria,
insieme a lei e a tutti i tuoi santi.
Amen.


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