COOPERARE
Cooperare “con Maria” nella Chiesa alla salvezza del mondo
“Cooperare” o “collaborare” (in latino cooperari, con tutte le congiugazioni) è termine basilare del Concilio Vaticano II per indicare tanto il dono che Dio ha concesso all’uomo di essere parte viva della creazione e della storia, quanto il suo posto specifico e attivo nella vita della Chiesa e della società umana. Ed è la parola-chiave per leggere la figura e la funzione di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, proposta dal capitolo VIII della Lumen gentium.
“Cooperare” o “collaborare” alla salvezza del mondo – opera che appartiene solo a Dio e che egli realizza per mezzo del suo Cristo – sembra a prima vista un assurdo. Eppure è la più grande dignità conferita all’uomo, elevato nello Spirito ad essere figlio di Dio nel Figlio, e membro vivo e operante della Chiesa.
Questa dottrina è convalidata tanto dal magistero della Chiesa quanto dalla sua liturgia: quindi dalla norma del credere e del pregare cristiano.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica. Compendio, con sicura verità e brevità romana così afferma: «Dio conduce le sue creature verso la perfezione ultima, alla quale Egli le ha chiamate. Dio è l'autore sovrano del suo disegno. Ma per la sua realizzazione si serve anche della cooperazione delle sue creature. Allo stesso tempo, dona alle creature la dignità di agire esse stesse, di essere causa le une delle altre» (n. 55). «All'uomo Dio dona e chiede, rispettando la sua libertà, di collaborare con le sue azioni, le sue preghiere, ma anche con le sue sofferenze, suscitando in lui “il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni” (Fil 2,13)» (n. 56.
Molti sono i testi della Liturgia romana, che pregando affermano la cooperazione dei fedeli all’opera divina della salvezza del mondo. Ad esempio, nell’orazione dopo la comunione nella memoria di S. Giovanni della Croce, il 14 dicembre, chiediamo: «La comunione a questo sacrificio, o Padre, ci doni la sapienza della croce che ha illuminato il tuo sacerdote san Giovanni, perché aderiamo pienamente a Cristo e collaboriamo, nella Chiesa, alla redenzione del mondo». Anzi, nella stessa Prece eucaristica IV, subito dopo la consacrazione, diciamo al Padre: «... noi ti offriamo il suo [di Cristo] corpo e il suo sangue, sacrificio a te gradito, per la salvezza del mondo». E nella Liturgia delle Ore, all’Ora Media del martedì, chiediamo: «Donaci di collaborare alla redenzione di tutti gli uomini».
Certamente unico Salvatore è Cristo. Egli è – come già attestava S. Ireneo di Lione nel secolo II – Salvatore, salvezza e forza salvatrice: causa operante, effetto operato e mezzo indispensabile per operarlo. È per questo motivo che il Concilio Vaticano II, seguendo la tradizione e il magistero precedente dei Pontefici, ha dedicato un numero importantissimo della Lumen gentium (il n. 60), per mostrare che tutto quanto appartiene all’ordine della grazia è operato da Cristo, tutto da lui unicamente e non da altri dipende, tutto lo manifesta e a lui conduce. Anche e soprattutto la Chiesa e Maria.
Il modo con cui l’uomo, e in particolare il fedele, è chiamato a collaborare nella Chiesa per la salvezza degli altri e del mondo, è di una varietà e vastità immensa: ognuno ha il suo posto, ognuno ha il suo stile, ognuno ha i doni e i mezzi necessari a tale scopo: preghiera, evangelizzazione, sofferenze...
Maria
Con una frase celebre, assunta dal Vaticano II come punto di riferimento della sua esposizione dottrinale, S. Agostino afferma in maniera sintetica di Maria: «È veramente madre delle membra (di Cristo)... perché ha cooperato con la carità alla nascita nella Chiesa dei fedeli, che di quel Capo sono le membra» (LG 53). Agostino non precisa né il tempo né il modo, anche se certamente fissa lo sguardo sulla Vergine dell’annunciazione, quando credendo e amando concepì per noi il Verbo di Dio, Capo del corpo che è la Chiesa.
La sua infanzia fu un “cooperare” previo all’Incarnazione salvifica; il suo sì d’amore all’annuncio dell’angelo fu la sua “cooperazione” cosciente e libera voluta dal Padre all’opera della salvezza; la sua totale consacrazione al Salvatore e alla redenzione del mondo, che compì a Nazaret e sigillò sul Calvario, fu davvero “cooperazione” responsabile al disegno di Dio; tutta la sua vita, anche nelle piccole sconosciute azioni quotidiane che la compongono, fu donata con viva fede e ardente carità per «restaurare la vita soprannaturale delle anime»; per cui – conclude il Concilio – «ella fu per noi madre nell’ordine della grazia» (LG 61).
Questa funzione materna e salvifica Maria la prolunga ora in cielo, con la sua molteplice intercessione, col prendersi cura con carità materna dei fratelli del suo Figlio Gesù e in lui figli suoi, fino al perpetuo coronamento degli eletti (LG 62), e anche con la sua presenza continua e misteriosa nella Chiesa nel fare degli uomini i figli di Dio gli uomini e nutrire e crescere i fedeli, «alla rigenerazione e formazione dei quali Ella coopera con amore di madre» (LG 63).
Noi “come” Maria e “con” Maria
Con lei, membro elettissimo e madre della Chiesa, anche noi siamo chiamati e abbiamo il dovere di cooperare nella Chiesa alla salvezza di tutti. Scrive il noto teologo gesuita Karl Rahner: «Noi tutti non siamo operatori della salvezza, non causiamo a nuovo una salvezza finora non esistita, affinché esista ora la prima volta, ma siamo invece intermediari, e, in questo senso, mediatori della salvezza gli uni per gli altri». E aggiunge: «Dio volle, nella sua grazia e nella sua misericordia, che uno sia di aiuto all'altro nel destino e nel compimento della salvezza. In questa comunità umana della storia della salvezza e della rovina, Dio ha ormai istituito questa salvezza in modo tale che uno la raggiunga per mezzo dell'altro in questa comunità». (K. Rahner, Maria. Meditazioni).
Se ci domandiamo: In che modo? La risposta è multiforme; ma in primo luogo e con valore infinito assolviamo questo compito nella celebrazione eucaristica, quando offriamo al Padre la Vittima divina per la salvezza del mondo: offerta che potremmo personalmente prolungare anche nell’adorazione eucaristica.
Lo facciamo poi – con Maria e in comunione con lei nella Chiesa – con tutti gli atti della vita cristiana; e ancor più con le sofferenze accettate per amore dalla volontà di Dio e offerte nelle sue mani per la salvezza di tutti. Così, del resto, Gesù ci ha redento, soffrendo e morendo tra indicibili dolori; così anche lei, donna del dolore, con le sue inesprimibili sofferenze ha collaborato col Figlio Redentore alla redenzione del mondo.