1. Il senso vero della mia Vita
La vita è un dono: il dono primordiale di Dio ad ogni creatura. Su di esso si innestano e fioriscono tutti gli altri doni, di natura e di grazia, fino alla trasfigurazione nella gloria del cielo.
Ma ogni dono di Dio ha uno scopo, una funzione, una missione: non è mai dono “chiuso” sull’individuo che lo riceve, ma dono “aperto” a tutti coloro per i quali è dato. Quindi, il vero senso della vita umana, ancor più quello della Vita divina, che Dio offre alla creatura, ad ogni creatura umana, uomo e donna, è un "essere per...”. Così l’ha sempre interpretato la Chiesa; così lo insegna il suo magistero, specialmente del Concilio Vaticano II e dei Papi: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI:
«Dire che l'uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio vuol dire anche che l'uomo è chiamato ad esistere «per» gli altri, a diventare un dono. Ciò riguarda ogni essere umano, sia donna che uomo, i quali lo attuano nella peculiarità propria dell'una e dell'altro.» (Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, n. 7);
«Cristo è morto per tutti. Vivere per Lui significa lasciarsi coinvolgere nel suo «essere per» (Benedetto XVI, Spe salvi, n. 28).
Maria. Nessuna esistenza, né umana né angelica, possiede tale pienezza, umana e divina, come Maria. Ma il dono della vita già elevata per grazia a Vita divina fin dal concepimento immacolato, non l’ha ricevuto solo per lei, ma per tutti gli uomini, dal primo creato Adamo all’ultimo che nascerà sulla terra. E Maria davvero, sotto le mozioni dello Spirito Santo, fece della sua esistenza sulla terra un “essere per...” tutti: fin dall’infanzia, immensamente più dopo che il Verbo si fece carne in lei per noi, e per tutti si offrì vittima sulla croce; e anche oggi la sua vita in cielo, glorificata nell’anima e nel corpo. continua ad essere una “vita per...” tutti: perché di tutti è la Madre, di Dio e degli uomini.
La mia vita. Solo allora la mia vita acquista il suo vero senso, quando diventa, e quanto più diventa, un “essere per...”, uscendo dall’angusto orizzonte di una autonoma realizzazione personale.
Così il Movimento A.M. ci auta e ci sprona a realizzarci e a realizzare la vita, nel dono di noi stessi “per” coloro per i quali Dio ce l’ha data (magari fossero anche per noi, come per Maria, tutti!).
2. Vivere da “uomini” veri e “donne” autentiche
Vivere da uomini e donne autentiche la propria esistenza, non è solo un dovere umano, civico e politico: è il primo valore e il merito della vita, non dico davanti agli uomini, ma davanti a Dio, che ce l’ha data perché così la viviamo.
Non si può dirsi “cristiani”, se non si è innanzitutto “uomini” veri, onesti, laboriosi, misericordiosi... Il cristiano dovrebbe essere “più uomo”, appunto perché ha assunto a modello Gesù, l’Uomo nuovo, ed egli stesso è invitato “a rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità” (Ef 4,24). Lo stesso Paolo insistentemente esorta: «Quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4,8).
Da qui nasce anche il valore straordinario delle nostre azioni anche più ordinarie, appunto perché volute da Dio, se le compiamo con pienezza di fede e di amore. Mi spiego. Siamo “uomini” (uomini e donne) innanzitutto, quindi partecipi di tutta la famiglia e di tutta la storia umana; ma col Battesimo siamo diventati, non di nome ma di fatto, per adozione figli di Dio.
Dovremmo allora impegnarci a compiere ogni cosa con una qualità eminente, tanto nella dimensione umana come in quella divina, cioè come uomini e come figli di Dio, rendendo pienamente umano e pienamente divino il nostro agire:
– ‑rendendolo pienamente umano, col dare intenzionalità e forza umana ad ogni azione, rettificando le intenzioni, qualificando i moventi, rendendo ogni atto – nei limiti del possibile– consapevole e voluto;
– ‑‑rendendolo nel contempo pienamente divino, in una continuata sinergia e collaborazione con l’azione dello Spirito Santo che abita in noi ed è il principio della nostra vita soprannaturale e il “perché” divino di ogni azione meritoria.
Ora, ci si sintonizza con l’azione dello Spirito specialmente attraverso il fervore della fede e la risposta dell’amore: la fede infatti ci mantiene fattivamente radicati in Cristo, così che quanto noi facciamo, è Lui che lo compie in noi; e l’amore ci apre incondizionatamente all’intero progetto salvifico di Dio in Cristo, ciascuno secondo le capacità che lo Spirito elargisce.
Così tutte le azioni umane, anche le più umili, possono diventare divinamente efficaci in misura della fede e dell’amore soprannaturale che le informa.
Maria
Oggi si predilige guardare a Maria come “donna”: quindi nella sua partecipazione come “sorella” alla pienezza della natura umana e della femminilità, benché in lei realizzata a un grado davvero irrangiungibile. La invochiamo: «Donna nuova, donna povera, donna umile, donna forte, donna saggia, donna intrepida, donna del silenzio, donna dell’ascolto, donna della preghiera, donna di carità...» (Litanie a santa Maria, Donna e Madre). Che lei sia stata donna nella pienezza dell’umanità e della femminilità, ce lo mostrano i pochi tratti del Vangelo, quando sollecita corre sui monti verso l’anziana Elisabetta, o quando attenta alle situazioni si muove a compassione del disagio degli sposi di Cana e interviene per loro presso il Figlio, ecc.
Gesù però per due volte, in luogo di “mamma”, l’ha chiamata “Donna” con un significato storico-salvifico immensamente più alto: non è solo la “figlia prediletta di Dio”, né solo la “madre amorosa di Gesù Salvatore”, che l’accompagna fin sotto la Croce e lo conforta. Ella è davvero la “Donna”, nuova Eva, Madre della Vita e dei viventi.
Tutte le sue azioni, umili e nascoste di donna di casa, o le sue presenze storico-salvifiche annotate dai Vangeli, sono volute da Dio, compiute nello Spirito, con intenzione soprannaturale precisa: riportare al Padre in Cristo e con Cristo l’umanità smarrita, o – come si esprime il Concilio – “restaurare la vita soprannaturale delle anime” (LG 61).
Noi “come” Maria e “con” Maria.
Maria ci è madre e maestra: ogni vero “amico” di Maria la guarda per imitarla: imitare – diciamo nell’Atto d’impegno A.M. – “la sua umile disponibilità al Signore e la sua delicata premura verso i fratelli”.
Vedere dunque tutti “con” i suoi occhi, amare tutti “con” il suo Cuore, per servirli con la stessa sua sollecitudine nei loro bisogni materiali e spirituali. Così si esprime un prefazio della BVM: «Alla sua scuola riscopriamo il modello della vita evangelica; impariamo ad amarti [o Padre] sopra ogni cosa con il suo cuore e a contemplare con il suo spirito il tuo Verbo fatto uomo, per servirlo con la stessa sollecitudine nei fratelli» (Messe della BVM, n. 32).
3. Vivere come “figli di Dio” in Cristo e nella Chiesa
Vivere come “figli di Dio” ci colloca a un livello superiore a quello puramente umano. Infatti, l’infusione battesimale dello Spirito Santo non annulla, ma potenzia le facoltà naturali: le purifica, le illumina, le sorregge, le vivifica. È davvero una ininterrotta sinergia dello Spirito con l’intelligenza e la libertà del credente.
Ora, lo Spirito Santo, facendoci “figli di Dio nel Figlio”, ci unisce inscindibilmente come membra vive nella Chiesa, Corpo di Cristo e sacramento universale di salvezza. Tutta la nostra vita dunque si snoda – come quella di Maria, benché in misura molto inferiore – nel mistero di Cristo e della Chiesa.
Vita interiore ed esteriore: una vita interiore dettata in noi dallo Spirito Santo, che stimola e sostiene – secondo la volontà del Padre su ciascuno e ciascuna di noi – il nostro agire esterno.
È di questa vita interiore, vita di comunione con Dio, che ognuno dev’essere innanzitutto sollecito: perché è in proporzione della nostra unione con Dio che i nostri pensieri, le nostre intenzioni, le nostre azioni, interne ed esterne, acquistano valore davanti ai suoi occhi:
Ora, legge fondamentale tanto dello sviluppo umano quanto della crescita soprannaturale nella grazia è il progredire, il cammino che guidato dallo Spirito ognuno è chiamato a percorrere, fino a raggiungere la propria pienezza, sforzandosi anzi di raggiungere la statura di Cristo, diventando sempre più, di giorno in giorno, un altro Cristo.
Questo cammino progressivo di crescita agli occhi di Dio ha un duplice orientamento, già assunto come impegno nelle rinunce e nelle promesse battesimali.
– ‑Il primo fondamentale e faticoso orientamento, è quello di “rinunciare” al male, alle seduzioni, alle tentazioni, alle fallaci attrattive della carne e del mondo: rinunciare al mondo con tutte le sue concupiscenze. Rinuncia, questa, che esige momento per momento vigilanza, discernimento, coraggio fino all’eroismo, perché non sedimenti in noi alcuna forma malvagia, e tutto il nostro essere – come insegnano gli autori spirituali – si svesta dell’uomo vecchio e si rivesta del nuovo: così da mostrare in noi sempre più pura e originaria l’immagine e la somiglianza di Dio, quale era in Adamo ed Eva appena creati, rimovendo quindi le tante immagini che il maligno con le sue passioni tenta di sovrapporvi.
– ‑Il secondo orientamento è quello di crescere nelle virtù. Se base delle virtù è la fede, e forma informante di tutte è la carità, tutte le virtù però vanno coltivate, come corolla fiorita dalla principale virtù che è l’amore, ciascuno e ciascuna di noi secondo i doni ricevuti e l’indole propria.
Così tutta la nostra esistenza terrena diventa davvero un itinerario proiettato verso la Vita che non avrà fine, e che ciascuno realizzerà in modo pieno e definitivo in cielo.
Maria
Il Concilio addita la Vergine come stella che splende sul cammino dei suoi figli «i quali si sforzano ancora di crescere nella santità, debellando il peccato; e per questo innalzano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti» (LG 65). Maria dunque è il modello perfetto di tutte le virtù, che ognuno di noi si sforza di conquistare, corrispondendo alla grazia di Dio.
“Piena di grazia”, di quella grazia che attinta da Cristo Redentore a lui la unì indissolubilmente mediante lo Spirito Santo per tutta la vita, Ella percorse il suo inimitabile cammino di perfezione – attraverso la rinuncia ad ogni proposta della terra e l’adesione in progressivo crescendo a Dio solo e alla sua divina volontà – fino all’Annunciazione, fino al Calvario e alla Pentecoste, e fino alla Glorificazione celeste. La Vergine sempre corrispose e in maniera piena e assoluta al dono di Dio, crescendo dunque senza interruzione, fino a raggiungere il sommo possibile a creatura, non solo umana, ma anche angelica. Per questo i grandi teologi dell’Oriente e dell’Occidente la chiamano “confine” tra il creato e l’Increato, tra Dio donante e la creatura divinizzata in Dio: né angeli né uomini potranno mai giungere dove lei è arrivata. Davvero è “altezza impervia a umano intelletto, e abisso insondabile anche agli occhi degli angeli” (Akathistos).
Per questo le sue azioni esteriori, entro le quali quasi nascose gli indicibili tesori delle grazie interiori, hanno avuto e hanno per sempre davanti al Signore un “valore assoluto”: nulla c’è da togliere, nulla da aggiungere. È la perfezione della comunione progressiva con Dio e della perfettissima santità umana: è la pienezza compiuta della Vita e della statura di Cristo.
Noi “come” Maria e “con” Maria
Il valore e la forza delle nostre azioni interiori ed esterne – ad es., pregare, lodare, offrire, soffrire, agire... – è proporzionato al grado di vita divina nello Spirito che ognuno ha raggiunto. L’azione della grazia e l’operazione dello Spirito non hanno limite, perché sono Dio stesso; ma pone limite al dono il nostro modo di riceverlo e di viverlo. Così, chi è rimasto ancora bambino nell’ordine della grazia – così si esprime san Pietro e la lettera agli Ebrei – non può certo pretendere di “abbracciare” e “raggiungere” tutto il mondo. Per portare un esempio elementare: la forza elettrica di una centrale atomica è incalcolabile; ma se i fili conduttori sono insufficienti, o addirittura insignificanti, la corrente c’è, ma non può arrivarne a destinazione che una misura infinitesimale.
Beati noi, che ci poniamo “con” Maria nello stesso servizio di amore e di grazia. Se indubbiamente non potremo mai, e poi mai, diventare ed essere “come” lei, almeno qualcosa anche di noi, suoi figli indegni, potrà essere unito al suo immenso tesoro di meriti e di grazie, come pietruzza alla grande montagna, per la salvezza di tutti.
Nostro impegno primario, tuttavia, fondato sul Battesimo, è quello di crescere e di dilatarci al dono della grazia, con generosità ininterrotta, attraverso una profonda vita sacramentale, una rinnovata rinuncia ad ogni attrattiva del male, un’intima comunione orante con Dio, un esercizio assiduo delle nostre “virtù quotidiane”.