SOFFRIRE
Soffrire “con” Maria
Se ogni nostra azione, ispirata dallo Spirito Santo che abita in noi dal momento del nostro battesimo, ha un valore da offrire, in Cristo, al Padre per tutti; la sofferenza in questo ha una singolarità sua propria. Infatti è con la sua passione e morte che Gesù ha redento il mondo, e con la sua compassione e col suo dolore la Vergine è diventata sua generosa socia nell’opera della salvezza.
Ogni sofferenza – fisica, morale, spirituale – è entrata nel mondo a causa del peccato. Per questo lo stesso Figlio di Dio, Agnello che toglie il peccato del mondo, è diventato l’uomo del dolore, descritto da Isaia (Is 52-53), sul quale Dio ha fatto gravare il peccato e i dolori dell’umanità. Perciò in lui e nella sua volontaria passione e morte ogni dolore è stato redento ed è diventato partecipazione alla sua passione redentrice. Così il “vangelo della sofferenza”, che avvolge la terra, crea misteriosi legami con Colui che Dio ha fatto “peccato” per tutti, per donare a tutti misericordia. «Conveniva infatti che Dio – per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria – rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza» (Eb 2,10).
Maria
Maria è la “donna del dolore”: un dolore silenzioso, profondo, a volte straziante – come nello smarrimento di Gesù al tempio e nel suo sabato santo – consumato in ubbidienza alla volontà del Padre con Cristo, unito al suo umano e divino dolore, riverbero delle sue sofferenze indicibili, “com-passione” con la sua passione: accettato sempre per nostro amore. Accanto al Figlio crocifisso “stette, con-soffrì acerbamente con lui” (LG 58).
La sua vita sulla terra – almeno dal giorno della Presentazione al tempio di Gesù – fu un continuato martirio, non del corpo, ma del cuore e dello spirito: “Anche a te una spada ti trafiggerà l’anima» (Lc 2,35).
«Nessuno ha sperimentato, al pari della Madre del Crocifisso, il mistero della croce, lo sconvolgente incontro della trascendente giustizia divina con l'amore... Nessuno al pari di lei, Maria, ha accolto col cuore quel mistero: quella dimensione veramente divina della redenzione che ebbe attuazione sul Calvario mediante la morte del Figlio, insieme al sacrificio del suo cuore di madre, insieme al suo definitivo “fiat”» (Giovanni Paolo II, Dives in misericordia, 9).
Noi “come” Maria e “con” Maria
«Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal 6,14), diceva san Paolo; e aggiungeva: «Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24).
Non è facile accettare la sofferenza, sia del corpo che del cuore: altra cosa è dire, altra cosa è soffrire. Ma proprio il Signore e la Madre sua addolorata danno “senso” al dolore, che rimane comunque un mistero e si svela a ciascuno, di volta in volta, in modo irripetibile. Dobbiamo comunque tener fermo nella mente che nulla avviene senza un disegno di Dio e che ogni sofferenza, unendoci arcanamente a Cristo sofferente, ha un “senso profondo” e ci fa partecipi con lui e in lui della redenzione dell’umanità.
Come Maria, tanti santi hanno abbracciato le sofferenze anche più atroci per cooperare al disegno del Padre, che vuole tutti salvi nel sangue del Figlio, e imitare la sua passione: «Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme» (1Pt 2,21).
Soffrire “per gli altri”, imitando Gesù e la Vergine, è un segno di speranza e un incoraggiamento per affrontare – ubbidienti e silenziosi come Maria – i dolori che la volontà di Dio ci prepara, fino al supremo dolore della morte. «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!» (Mt 26,39).
Ed è conforto per un credente sapere che nulla va perduto, che non è inutile la sofferenza, anzi, che con essa possiamo compiere l’atto di offerta più valido per tante e tante persone a noi note o sconosciute, e collaborare “con Maria” alla salvezza del mondo.
Ci rassicurano le parole del papa Benedetto XVI, nell’enciclica Spe salvi (n. 39):
«Soffrire con l'altro, per gli altri... L'uomo ha per Dio un valore così grande da essersi Egli stesso fatto uomo per poter com-patire con l'uomo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nel racconto della Passione di Gesù. Da lì in ogni sofferenza umana è entrato uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; da lì si diffonde in ogni sofferenza la con-solatio, la consolazione dell'amore partecipe di Dio e così sorge la stella della speranza».
E Gesù stesso, confermando dopo la risurrezione i discepoli di Emmaus nella fede, afferma di sé: «Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24,26-27).