«Erano assidui e concordi nella preghiera con Maria, la Madre di Gesù» (At 1, 14) Introduzione Il punto di partenza per la nostra riflessione è ovviamente il breve, ma denso sommario di At 1, 14 L'unico testo del libro degli Atti in cui è nominata Maria, la madre di Gesù. In questa sintetica, ma preziosa annotazione manca però il riferimento esplicito alla celebrazione dell'Eucaristia. Nel sommario seguente (2, 42‑48), inversamente, si parla ben due volte di «frazione del pane» (vv. 42.46), senza menzionare Maria. La cosa che più stupisce è il silenzio sulla madre di Gesù in tutto il resto del libro degli Atti. Di qui la frequente, improvvida e talora tendenziosa conclusione della scarsa presenza della Vergine nelle comunità delle origini, come peraltro nei vangeli e in tutto il Nuovo Testamento. Il preteso silenzio o reticenza delle Scritture circa la Vergine Maria è in realtà un topos privo di fondamento, ma talmente diffuso nella mentalità corrente ‑ alla quale cedono non di rado anche biblisti, teologi e catecheti ‑ che è compito lungo e arduo tentare di sradicarlo. Il testo di At 1, 14 ci offre un esempio eccellente per dimostrare l'infondatezza di tale pregiudizio: nulla infatti di più breve e apparentemente trascurabile della breve nota di At 1, 14 nel contesto della seconda opera lucana. Un'annotazione alla quale spesso non si dedica che un semplice accenno,[1] ma che a nostro avviso costituisce un riferimento prezioso. Il suo significato si dilata notevolmente all'interno della vita e della fede della comunità gerosolimitana delle origini, che rappresenta il nucleo germinale della Chiesa neotestamentaria, al quale si è rivolta in ogni tempo la comunità cristiana quando ha ricercato la sua primitiva identità. Per comprendere la portata di At 1, 14: «Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù, e con i fratelli di lui», si deve procedere per gradi: è necessario ambientare il testo nel suo contesto letterario e teologico, confrontandolo anzitutto con gli altri sommari dei primi capitoli degli Atti; esplicitare le forme ed i contenuti della preghiera della comunità gerosolimitana delle origini; verificare l'importanza dei primi due capitoli della seconda opera lucana e il loro significato programmatico in chiave retrospettiva ‑ in riferimento alla conclusione del vangelo (Lc 24, 44‑53) ‑ e in forma prospettica nei confronti del resto del libro degli Atti; riflettere sul significato del gruppo e dei diversi personaggi presentati in At 1, 13‑14; esaminare infine la dimensione «eucaristica» della preghiera di Maria quale emerge dal canto del Magnificat. Tutto questo ci permetterà di apprezzare la posizione ed anche il compito della madre di Gesù all'interno della comunità neotestamentaria, che a partire dall'indomani della Pasqua rimane in comunione con il suo Signore in molti modi, anzitutto mediante la liturgia nella quale si ascolta la Parola e si spezza il pane. 1. Confronto con i sommari di At 2, 42‑47; 4, 32‑35; 5, 12‑16.[2] In base allo stile e alla terminologia, At 1, 14 appare un testo redazionale. Nonostante la sua marcata brevità, esso va annoverato tra quei brani ricorrenti negli Atti ‑ specie nella prima parte ‑, chiamati convenzionalmente «sommari».[3] Collocato al centro della pagina iniziale degli Atti, può essere considerato come il primo breve sommario: «un bilancio teologico e spirituale», dopo la presentazione degli avvenimenti successivi alla risurrezione di Gesù e in attesa del dono dello Spirito;[4] «un sommario sulla vita di preghiera della comunità e sulla sua costituzione».[5] Secondo P. Benoit, i sommari sono «quadri d'insieme che dipingono in maniera generale dei tratti o atteggiamenti della comunità, di cui i racconti adiacenti forniscono illustrazioni particolari... sono veri quadri ricapitolativi circa la vita della prima comunità».[6] Essi costituiscono un campo privilegiato di ricerca delle intenzioni e della teologia dell'autore. È necessario pertanto metterne in rilievo ogni dettaglio, alla luce del contesto e nel confronto con i sommari paralleli. Nell'ambito del presente studio, ci limiteremo ad accennare ad alcuni rapporti che intercorrono tra il nostro testo e i sommari successivi, caratterizzanti la vita della comunità gerosolimitana delle origini. È nota la parentela esistente tra questi brani, che presentano fenomeni letterari e teologici quasi identici, espressi con formule simili e complementari.[7] All'interno di questa consonanza di fondo, i singoli testi contengono delle peculiarità, che è importante mettere in luce per poterli adeguatamente qualificare.[8] Il testo di At 1, 14 presenta con ogni evidenza due caratteristiche che lo segnalano nettamente: anzitutto la preghiera[9] unanime e perseverante, e poi l'indicazione dei membri che compongono la comunità primitiva.[10] La prima nota, la preghiera, si trova ‑ in forma più articolata e insieme con altri fondamentali elementi ‑ nel sommario seguente (2,42‑47),[11] mentre non viene esplicitata ugualmente nei sommari successivi, i quali mettono in luce altri aspetti della comunità. Possiamo affermare che, partendo dal primo sommario e procedendo verso gli altri ‑ nei primi cinque capitoli degli Atti ‑ si assiste a un movimento che va dalla vita interna della comunità primitiva alle manifestazioni più esterne e visibili di essa.[12] «L'interesse del primo sommario è interamente rivolto alla vita religiosa ed interna dei primi credenti nella comunità ecclesiale».[13] At 2, 42‑47, pur sottolineando la dimensione religiosa,[14] inserisce altre note, quali l'attività taumaturgica degli apostoli, la comunione dei credenti, la condivisione dei beni, la stima da parte del popolo e l'adesione quotidiana di nuovi membri alla fede. Il brano di 4, 32‑35 segnala elementi simili: la comunione dei cuori e dei beni, la forte testimonianza resa dagli apostoli al Risorto, la stima di cui tutti sono circondati. L'ultimo dei sommari presi in considerazione (5, 12‑16) si colloca sulla stessa linea, mettendo in luce i prodigi operati dagli apostoli, lo stare insieme, l'approvazione del popolo, l'aumento costante dei credenti, le numerose guarigioni. La seconda nota ‑ la presentazione dei membri della comunità primitiva ‑ è una peculiarità del nostro testo, che, per quanto breve, appare singolarmente articolato. Gli altri sommari parlano in maniera generale della moltitudine dei credenti, della vita interna della comunità e dei rapporti con l'esterno; si soffermano in particolare sugli apostoli, i quali hanno la presidenza della comunità, esercitano il ministero della parola (2, 42), operano guarigioni e prodigi (2, 43; 5, 12), rendono testimonianza al Signore Gesù (4, 33)...; ma quei brani non informano circa le diverse categorie di persone che compongono la comunità delle origini. At 1, 14, invece, accanto agli apostoli, pone delle donne, Maria la madre di Gesù e i suoi «fratelli». Alcuni di questi personaggi, non saranno più menzionati nel corso degli Atti, ma ormai sappiamo che fanno parte della comunità delle origini. Essi sono stati inseriti nel primo sommario con un duplice intento: mostrare la continuità degli Atti con la narrazione evangelica, e ricordare al lettore che essi hanno un ruolo non secondario nella comunità dei discepoli del Signore. Ritornando alla preghiera, ricordiamo quel che tutti sanno, vale a dire che essa costituisce un leit‑motiv dell'opera lucana. Ai fini di questa nostra riflessione ci limitiamo a un breve accenno, circoscritto ai racconti dell'infanzia, pervasi di pietà giudaica[15] e dell'intensa spiritualità delle prime comunità postpasquali. Il racconto inizia con una liturgia nel tempio di Gerusalemme, mentre «tutta la moltitudine del popolo era in preghiera fuori, all'ora dell'incenso» (Lc 1,10),[16] e si conclude con le scene della presentazione e del ritrovamento, inquadrate nel contesto di riti e celebrazioni liturgiche. Insieme col culto ufficiale, viene sottolineata la pietà dei diversi personaggi, per alcuni tratti simile a quella che troviamo nelle prime pagine degli Atti. A Zaccaria viene rivelato che la sua preghiera è stata esaudita (1, 13); Simeone è presentato come «giusto e pio... e lo Spirito santo era su di lui» (2, 25); Anna «non si allontanava dal tempio e serviva Dio notte e giorno con digiuni e preghiere» (2, 37); Maria, la madre di Gesù, per due volte (2, 19.51b) viene presentata in atteggiamento di riflessione sapienziale: intenta a conservare e confrontare nel suo cuore[17] tutte le parole e gli eventi concernenti il Figlio. La preghiera nei racconti dell'infanzia si esprime in maniera privilegiata nel canto, fatto di lode, ringraziamento, benedizione, esaltazione di Dio e della salvezza manifestata in Cristo. Ricordiamo il cantico di Maria (1, 46‑55), di Zaccaria (1, 68‑79), degli angeli (2, 14) e di Simeone (2, 29‑32); le lodi dei pastori (2, 20), di Elisabetta (1, 42‑45) e di Anna (2, 38). In Lc 1‑2 si respira effettivamente un clima che richiama quello delle comunità degli Atti, imbevuto di profonda spiritualità e di lode divina.[18] 2. Indeterminatezza ed apertura della preghiera in At 1, 14 A differenza di quanto avviene negli altri sommari, in particolare in 2, 42‑48, in cui viene offerto un elenco delle varie note della comunità e delle diverse forme di preghiera, in 1, 14 si parla in maniera indeterminata di orazione. Tale indeterminatezza, però non esclude, anzi è aperta alle varie esperienze di preghiera, e in fondo postula ulteriori precisazioni. In altri termini, la voce proseuch, di At 1, 14 può includere le varie esperienze di preghiera elencate in maniera dettagliata in 2, 42‑47, in cui la frazione del pane è messa in particolare rilievo (vv. 42.46) con riferimento sia all'agape fraterna, sia alla mensa eucaristica. Questa è il cuore della preghiera neotestamentaria, l'esperienza fondamentale e fondante della comunità cristiana, espressa a chiare lettere da Paolo: «... il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane» (1Cor 10, 17). L'unione che caratterizza la comunità delle origini, pertanto, è strettamente legato all'esperienza dello spezzare lo stesso pane che rende un solo corpo i partecipanti alla medesima mensa. Al centro della preghiera neotestamentaria c'è il memoriale del Signore. Tra i vari sommari esiste dunque una sostanziale continuità: essi devono essere letti in maniera complementare e progressiva. Si danno infatti importanti elementi comuni sia dal punto di vista letterario che tematico. Tali elementi sottolineano anzitutto la dimensione comunitaria di coloro che sono radunati nel nome di Gesù. I1 nostro sommario inizia con ou-toi pa,ntej: tutti costoro; 2, 42 si apre col semplice «erano», ma riferito a quelli che avevano creduto (v. 41); 4, 32 presenta la moltitudine dei credenti; 5, 16 parla di a[pantej. Dunque si tratta sempre della comunità di coloro che erano venuti alla fede. Essi già costituiscono la “Chiesa di Dio”,[19] radunata nello stesso luogo dall'intervento dello Spirito del Signore risorto. La comunità cristiana non è una semplice assemblea, ma una comunità fondata sulla comunione dei cuori. La radice dello stare insieme è data dall'avverbio o`moqumado,n che ricorre insistentemente in 1, 14; 2, 46; 5, 12. In 4, 32‑35 non si ha tale avverbio, ma un'espressione che ne manifesta il profondo ed esatto significato: un cuor solo ed un'anima sola da cui scaturisce la koinwni,a (2, 42) della vita, di cui la condivisione dei beni è espressione conseguente. L'avverbio o`moqumado,n, derivato dai LXX,[20] è un vocabolo caratteristico degli Atti;[21] applicato alla comunità cristiana, esprime una forte connotazione religiosa. Tale «accezione forte ed intensamente religiosa»[22] ricorre non solo nel nostro testo, ma anche nei sommari successivi, i quali proiettano ulteriore luce sul senso del termine e sulla preziosa annotazione di At 1, 14. In 2, 46 si conferma: «ogni giorno unanimi erano assidui nel frequentare il tempio»; in 5, 12: «tutti stavano unanimemente nel portico di Salomone». Il medesimo avverbio ricorre nell'introduzione alla preghiera, in 4, 24: «Essi unanimemente alzarono la voce a Dio...». L'illustrazione più efficace di o`moqumado,n si ha in 4, 32 ove si afferma che “la moltitudine dei credenti era un cuor solo ed un'anima sola”. o`moqumado,n è divenuto, per così dire, un termine tecnico, addirittura un'«espressione stereotipa della comunità».[23] In tale avverbio è condensato quanto Paolo richiede a tutti i credenti: di acquisire una mentalità comune, affinché «unanimi (o`moqumado,n), con una sola bocca» glorifichino Dio (cf. Rm 15, 6). La concordia dev'essere così intensa da tendere a realizzare e manifestare l'unità voluta da Cristo (cf. Gv 17, 22). Ciò si compie, anzitutto nella preghiera e nell'Eucaristia. Ovviamente non si tratta di una comunione passeggera od occasionale: l'unanimità è perseverante, come perseverante è la preghiera che la sostiene. L'altra nota della preghiera della primitiva comunità, secondo At 1, 14, è la perseveranza. L'assiduità, come l'unanimità, non ricorre soltanto nel nostro testo, ma anche in altri sommari: essa caratterizza la preghiera e la vita dei discepoli del Signore. È noto il topos lucano della preghiera insistente e continua,[24] ma, in maniera più ampia, la perseveranza è uno dei tratti caratteristici della spiritualità lucana. Questo atteggiamento viene espresso in particolare con il verbo proskartere,w, che etimologicamente significa «attaccarsi con forza a qualcosa»,[25] e manifesta per conseguenza il senso di «essere costante, perseverante».[26] Su complessive dieci frequenze nel Nuovo Testamento, ben sei si trovano negli Atti, tre delle quali nei nostri sommari. Solitamente il verbo ricorre in contesto liturgico, di preghiera e in genere religioso, come appare dai seguenti testi: ‑ At 1, 14: «Tutti costoro erano assidui concordemente nella preghiera. . .». ‑ At 2, 42: «erano assidui[27] nell'insegnamento degli Apostoli, nella koinonía, nello spezzare il pane e nelle preghiere». ‑ 2, 46: «Ogni giorno, assidui concordemente frequentavano insieme il tempio...». ‑ 6, 4: «Noi saremo assidui alla preghiera e alla diaconia della parola». Se si riflette che il verbo proskartere,w, applicato alla preghiera, non si trova mai nella lingua profana né nei LXX, bisogna concludere che siamo di fronte a una creazione ad opera degli autori del Nuovo Testamento «e la sua frequenza rivela non solo uno stato di fatto nella Chiesa primitiva, ma anche un'esigenza apostolica... trattasi della traduzione apostolica del precetto del Maestro»[28] di pregare, sempre senza perdersi d'animo (cf. Lc 18, 1; lTs 5, 17). 3. Il contesto di At 1‑2 Non a caso Luca sottolinea la presenza di Maria all'inizio del vangelo e all'inizio degli Atti. I primi capitoli delle due opere di Luca, possono essere considerati rispettivamente come vangelo dell'infanzia di Cristo e della Chiesa.[29] J.‑P. Charlier stabilisce un parallelismo piuttosto elaborato, ma in fondo convincente tra At 1,1‑2,13 e Lc 1‑2. La funzione di questi «racconti dell'infanzia» nei confronti del resto del vangelo e rispettivamente degli Atti, è molto simile. Lc 1‑2 rappresenta una specie di microevangelo, una miniatura dove si trovano in abbozzo le grandi linee e i temi maggiori del vangelo, ma in maniera velata e sottile. La stessa cosa si può dire per il «vangelo dell'infanzia della Chiesa». Luca vi ha enunciato, in una cinquantina di frasi, con grande varietà, le coordinate della sua ecclesiologia e le articolazioni principali della sua seconda opera.[30] La densa e concisa annotazione di At 1, 14 non può essere compresa, anche dal punto di vista sintattico, senza i vv. 12‑13 che la introducono ed inquadrano. Il lettore è invitato pertanto a considerare la breve pericope di At 1, 12‑14. Posta al centro del capitolo primo degli Atti, essa presenta molteplici motivi di interesse e funge da raccordo tra quanto si è detto nei vv. 4‑8 e l'evento di Pentecoste che sarà narrato nel capitolo secondo. Se ogni testo dev'essere letto alla luce del contesto immediato e remoto, questa esigenza vale in particolare per At 1, 12-14, che presenta un'ampia rete di relazioni e contatti. Il v. 12: «Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli ulivi...» collega il testo non solo con la scena dell'ascensione (9‑11) appena descritta, ma anche con il v. 4, nel quale il Risorto comanda agli apostoli di non allontanarsi da Gerusalemme.[31] La formula perifrastica hoù ésan kataménontes del v. 13 richiama il verbo della medesima radice (periménein) del v. 4, che rivela anche il senso di quell'attesa, finalizzata alla “epangelía” del Padre, esplicitata nel v. 5 come «battesimo per mezzo dello Spirito».[32] I legami non si limitano a quanto precede, ma si estendono anche ai brani seguenti: la necessaria ricostituzione del gruppo dei Dodici (vv. 15‑26),[33] dopo l'elenco degli Undici fatto nel v. 13, e soprattutto la venuta dello Spirito nel capitolo secondo. I1 v. 2, 1: «A1 compiersi del giorno di Pentecoste erano tutti insieme nello stesso luogo» richiama certamente l'annuncio «fra non molti giorni» del v. 1, 5, ma suppone il ritorno degli Undici a Gerusalemme, la salita alla stanza superiore e la preghiera unanime e assidua della comunità (vv. 12‑14). I legami della nostra pericope con i vv. 2,1‑4 appaiono piuttosto evidenti. Esiste anzitutto il rapporto di fondo: attesa‑compimento, ma anche una chiara continuità tra le due scene che presentano gli stessi personaggi, nello stesso luogo, con il medesimo atteggiamento.[34] I vv. 1, 12‑14 costituiscono in qualche modo un crocevia nell'articolazione del capitolo primo degli Atti e in rapporto all'evento di Pentecoste. Essi si giustificano a partire da un comando e da una promessa: comando di restare a Gerusalemme (v. 4) e promessa dello Spirito (v. 8), in vista della testimonianza da rendere al Signore Gesù. La nostra pericope è inscindibilmente legata a quanto precede e direttamente finalizzata al dono dello Spirito santo. I collegamenti, tuttavia, vanno oltre il contesto immediato, proiettandosi in un ambito ben più vasto. Com'è noto, il capitolo primo degli Atti si presenta quale introduzione, che opera il raccordo tra il “tempo di Gesù” e il “tempo della Chiesa”. Esso garantisce la continuità tra il primo e il secondo libro di Luca ‑ come lo stesso autore afferma (vv. 1‑2)[35] ‑ ma al tempo stesso anticipa il programma di tutto il racconto degli Atti (v. 8).[36] Se in chiave prospettica, il capitolo primo introduce il contenuto ed anticipa lo sviluppo degli Atti, retrospettivamente ripropone la conclusione del primo libro di Luca.[37] La parte finale del vangelo e quella iniziale degli Atti si presentano come pannelli di un dittico: si spiegano e si illuminano a vicenda.[38] Si confrontino Lc 24, 44‑53 e At 1, 3‑14: in tutt'e due le sezioni si possono distinguere tre elementi paralleli: ‑ una «catechesi» del Risorto[39] agli apostoli[40] (Lc 24, 44.46-47[41]; At 1, 3‑8), seguita da un incarico di testimonianza (Lc 24,48; At l, 8) e dall'annuncio dell'invio della «promessa del Padre» ‑ la «forza dall'alto» (Lc 24, 49; At 4, 4.S.8), in attesa della quale devono restare in città (Lc 24, 49; At 1, 4); ‑ il racconto dell'ascensione (Lc 24, 50‑52a; At 1, 9‑11). ‑ il ritorno a Gerusalemme e la vita della comunità (Lc 24,52b‑53; At 1, 12‑14).[42] La seconda parte del capitolo primo degli Atti (vv. 15‑26), anche se legata alla prima, appare molto diversa:[43] mentre At 1,3‑14 ripete, con delle variazioni, quanto è stato detto alla fine del vangelo, la seconda parte (vv. 15‑26) ha come oggetto la definizione del ministero apostolico (1, 21‑22), che giunge al termine del discorso di Pietro ai fratelli, e prepara l'aggregazione di Mattia al collegio degli apostoli. Nei vv. 12‑14 troviamo un gruppo ristretto di persone insieme con gli Undici, nella scena successiva, invece, si parla di circa 120 persone, una comunità ben più vasta, interpellata per la scelta del dodicesimo apostolo. Ciò fa pensare che il gruppo descritto in 12‑14 sia il nucleo originario e fondamentale della primitiva comunità, al quale si sono aggiunti poi altri discepoli. Esso si trova in una posizione particolare nella Chiesa delle origini. Di questo primo nucleo ecclesiale si occupa la breve, ma preziosa annotazione del v. 14, oggetto della nostra riflessione. 4. Significato del gruppo di at 1, 13‑14 Finora si è parlato della comunità, della sua spirituale coesione e costanza nella preghiera. Indubbiamente At 1, 14 sottolinea l'unità dei primi credenti, ma evidenzia ‑ più che altri sommari ‑ l'articolazione della medesima. Il nostro testo, così breve, è il sommario più esplicito circa la composizione della comunità post-pasquale. È un punto di riferimento prezioso per la Chiesa di ogni tempo, che vi può ritrovare le coordinate fondamentali della sua unità e della sua molteplice configurazione. In questo autorevole e programmatico testo, incentrato sugli apostoli, ma aperto ad altre presenze e ai diversi doni dello Spirito, le comunità cristiane potranno sempre ricercare l'armonia e l'equilibrio tra la missione apostolica e i diversi ministeri e carismi di cui lo Spirito dota incessantemente i credenti. Vi potranno riscoprire, con sensibilità e in forme nuove, il compito della donna al servizio del vangelo e, in particolare, quello di Maria, la madre di Gesù. Va ricordato che siamo di fronte a un testo redazionale, nel quale le intenzioni dell'autore si esprimono in maniera più diretta ed esplicita. Ogni elemento, per conseguenza, dev'essere valutato con grande attenzione.[44] A questo punto ci sembra importante considerare i diversi personaggi che compongono la comunità apostolica, la «cellula germinale» della Chiesa neotestamentaria. 4.1. Gli apostoli Nell'opera lucana, com'è noto, il gruppo dei Dodici viene identificato con gli apostoli,[45] i quali sono ritenuti a titolo speciale, in certo senso esclusivo, testimoni di Cristo.[46] Negli Atti essi sono i personaggi principali, garanti della continuità tra il tempo di Gesù e quello della Chiesa.[47] «Essi "non sono i primi d'una serie"; essi formano "un gruppo a parte", svolgente una funzione fondatrice e normativa, insostituibile e non reiterabile. Sulla loro testimonianza la Chiesa è stata fondata una volta per tutte e in questa testimonianza essa trova la norma definitiva della sua fede e della sua unità».[48] Secondo la visione lucana, dunque, gli apostoli occupano una posizione unica nella Chiesa del Nuovo Testamento, in particolare nella comunità di Gerusalemme. Tale centralità emerge con evidenza in At 1, 14, considerato in se stesso e alla luce del contesto. Il soggetto esplicito del nostro breve sommario sono gli Undici («tutti costoro»), collocati all'inizio della frase, in posizione privilegiata e dominante. Gli altri personaggi si aggiungono ad essi, condividendone la situazione e l'esperienza spirituale. Nel verso precedente gli Undici sono stati elencati ad uno ad uno, per nome;[49] con loro Gesù si era intrattenuto per quaranta giorni dopo la sua risurrezione; ad essi aveva promesso la potenza dello Spirito per la missione di testimonianza; di fronte a loro era stato assunto in cielo, avvolto nella nube della gloria divina. 4.2. Alcune donne La presenza di donne, introdotte senza articolo definito e pertanto in maniera piuttosto generica in At 1, 14, pone dei problemi. Chi sono in realtà tali persone, qual è il loro compito, quale il significato della loro presenza nella comunità delle origini? I1 numero indeterminato di donne richiama piuttosto le discepole di Galilea ‑ menzionate dal solo Luca in 8, 2s ‑, le donne ricordate nella storia della passione e le prime testimoni della risurrezione (23, 49.55s; 24, 10.22‑24). La presenza tra gli apostoli di queste persone, che avevano seguito Gesù fino alla sua Pasqua, sono un segno ulteriore di quella continuità che Luca si preoccupa di stabilire tra il tempo di Gesù e quello della Chiesa. La comunità primitiva segue anche in questo l'esempio del Maestro, il quale aveva riservato un posto e compiti particolari alle donne nel servizio al vangelo. Esse, insieme con gli apostoli, sono chiamate a rendere testimonianza al Signore Gesù. Lo Spirito, che fra non molto discenderà su tutti i membri della piccola comunità, radunata nella stanza al piano superiore, non farà alcuna distinzione tra uomini e donne, a differenza di quanto avveniva in rapporto alla Torah.[50] Come spiegherà Pietro, si verifica ormai ciò che era stato annunciato dal profeta Gioele: «Negli ultimi giorni, dice il Signore, / effonderò il mio Spirito su ogni carne / e profeteranno i vostri figli e le vostre figlie...» (At 2, 17). L'appartenenza a Cristo, suggellata dal dono dello Spirito, fa cadere ogni discriminazione e realizza il progetto di umanità nuova formulato da Paolo: «non c'è più giudeo né greco, schiavo o libero, uomo o donna: tutti voi infatti siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). In At 1, 14 l'unità si realizza nella preghiera e nella vita di comunione in attesa dello Spirito. C'è già la premessa per una condivisione più ampia, in particolare per la partecipazione delle donne, a vari titoli, al servizio del vangelo, come ripetutamente verrà segnalato nel libro degli Atti.[51] 4.3. Maria, la madre di Gesù [52] Nel vangelo di Luca, Maria occupa un posto di rilievo, ma la sua posizione è singolare, quasi stralciata dalle altre figure femminili. Perché, ci si domanda, non viene annoverata tra di loro, eventualmente in prima fila, lei che in Luca è benedetta più !di tutte le donne? Come mai, inoltre, nei racconti dell'infanzia di Luca ella è in primo piano accanto a Gesù e poi nel vangelo quasi scompare: non viene nominata con le altre donne al seguito di Gesù, non è ricordata nella passione, né tra le testimoni del Risorto? E, analogamente, perché è presentata in questo primo importante sommario degli Atti ‑ e in maniera singolare, come non avviene per le altre anonime donne ‑ mentre in seguito non sarà più ricordata? Sono interrogativi che lasciano perplessi e inducono non di rado a posizioni contrastanti: ad un'esaltazione perfino eccessiva della madre di Gesù oppure, al contrario, a trascurarla adducendo come motivo la pretesa laconicità della Scrittura. Certo ‑ come si è detto ‑ non è un caso che Luca parli di Maria nei racconti dell'infanzia e all'inizio degli Atti. I primi capitoli delle due opere di Luca, possono essere considerati rispettivamente come vangelo dell'infanzia di Cristo e della Chiesa. Essi appaiono diversi dalle parti che seguono: sono testi marcatamente teologici, posti all'inizio quasi come chiavi di lettura di quanto avverrà in seguito. Il fatto che la figura di Maria sia in particolare evidenza in questi testi e sottaciuta altrove, significa anche che la riflessione su di lei è avvenuta lentamente, in maniera progressiva e non uniforme nelle diverse comunità neotestamentarie. In primo luogo, la fede apostolica e l'annuncio kerigmatico si sono concentrati sul mistero pasquale di morte e risurrezione (cf. 1Cor 15, 3‑4); in tale fase, ovviamente, non si parla di Maria, almeno in maniera esplicita. In un secondo tempo, la riflessione si estende al periodo della vita pubblica che va, secondo la testimonianza di At 2, 21‑22, dal battesimo di Giovanni fino all'Ascensione; in questo periodo, Maria compare o viene nominata, ma occasionalmente (cf. Mc 3, 31‑34; 6, 3). Solo in seguito, a proposito della nascita e dell'infanzia di Gesù, la figura e il ruolo della madre sono messi in chiara luce. Questa è un'epoca più tardiva, nella quale la riflessione cristologica si è fatta più ampia e articolata ed ha convogliato tradizioni ed esperienze ecclesiali diverse; anche la figura di Maria acquista allora densità teologica: ella è la madre del Messia, discendente davidico e Figlio dell'Altissimo (Lc 1, 32); concepisce‑per opera dello Spirito santo (1, 35), viene salutata quale madre del Signore (1, 43), è benedetta per il frutto del suo grembo e proclamata beata per la sua fede (1, 42.45). È la serva esaltata dall'Onnipotente, colei che tutte le generazioni faranno oggetto di un macarismo senza fine (1, 48-49). Tutto questo è posto all'inizio del vangelo di Luca (e in qualche misura anche di Matteo), ma è frutto di una riflessione più matura delle diverse comunità neotestamentarie. Solo in una fase più recente dello sviluppo della fede neotestamentaria, la figura e il ruolo di Maria sono state particolarmente sviluppate. Il fatto, però, che subito nel primo capitolo degli Atti, agli albori della primitiva comunità gerosolimitana ‑ che avrà un influsso notevole sulle Chiese che man mano sorgeranno altrove ‑ accanto agli apostoli sia sottolineata la figura di Maria la madre di Gesù, mostra da una parte la continuità della sua presenza sulla base dei dati evangelici (anche se non particolarmente sviluppati al di là dei primi due capitoli) e in maniera prolettica annuncia la presenza implicita della madre di Gesù nelle comunità che sulla scia di quella di Gerusalemme sorgeranno per l'opera e l'influsso dello Spirito. Le varie chiese sono la presenza nel tempo e nello spazio della comunità radunata dallo Spirito intorno al Signore risorto. Luca non ripeterà per ognuna di esse l'evento esplicito e grandioso di Pentecoste, né dirà che esse sono unanimi e concordi nella preghiera insieme con i Dodici, né sottolineerà con altrettanti sommari la vita delle comunità, né ripeterà che in quelle chiese è presente la madre di Gesù, ma dobbiamo ritenere che tali elementi sono impliciti. Il capitolo primo degli Atti costituisce in qualche modo una chiave musicale che ci permette di leggere ‑ ovviamente senza omologazioni ‑ l'intero spartito della seconda opera lucana. Maria, la madre di Gesù, occupa un posto di rilievo, addirittura singolare in At 1, 14 quale madre di Gesù, il Signore risorto. Tale sua posizione e ruolo non permettono di associarla né alle altre anonime donne, né ai fratelli di Gesù che pure occupano una posizione di rilievo nella comunità gerosolimitana. Maria, nella visione di Luca, rivela una personalità non solo individuale, ma anche «corporativa»,[53] che ingloba in sé, in modo misterioso ma efficace, il popolo dell'alleanza ‑ come già Abramo ‑ a motivo della sua fede ed obbedienza. È la figlia di Sion,[54] salutata nell'annunciazione con le voci dei profeti (cf. Sof 3, 14‑15; Zc 2, 14; 9, 9) e che a sua volta canta la splendida salvezza di Dio (cf. Lc 1, 46‑55). Possiamo dire che la sua immagine, senza nulla perdere della sua concretezza e individualità, è plasmata da Luca ‑ e ancor più dalla tradizione giovannea ‑ con categorie teologiche e simboliche. Ella comunque si stacca dagli altri personaggi e si colloca in un ambito a sé. Questo potrebbe spiegare il fatto che Luca, in un testo conciso ed essenziale come il nostro ‑ che introduce le donne in maniera generica e solo in conclusione ricorda i fratelli di Gesù ‑ trovi il modo di citare Maria col proprio nome e col titolo peculiare di «madre di Gesù». Si tratta di una presentazione così esplicita che non può essere fortuita, tanto più che si trova in un sommario, in cui ogni particolare ha il suo peso.[55] Non siamo di fronte a una semplice informazione storiografica, che sarebbe fuori luogo in quel contesto, ma ad un'annotazione che rivela indubbia valenza teologica e spirituale. L'autore intende mettere in luce la continuità tra il Gesù storico, nato per opera dello Spirito con la collaborazione di Maria e la nascita della Chiesa per opera del medesimo Spirito, con la presenza di Maria qualificata come madre di Gesù,[56] «primogenito tra molti fratelli» (Rm 8, 29). Ella è madre di Colui che la comunità ha accolto nella fede come il Signore della gloria, di quel Gesù che elevato al cielo invia lo Spirito, e al quale bisogna rendere testimonianza fino agli estremi confini della terra. In seguito, Maria non sarà più nominata, ma il capitolo primo degli Atti è programmatico per tutto il libro e per la vita della Chiesa. Alla luce di questo primo sommario, siamo invitati a contemplare Maria nella comunità dei credenti di ogni tempo. Ella è presente come madre di Gesù dovunque ci siano testimoni del Risorto, in qualunque luogo donne e uomini si radunino, insieme con gli apostoli, in attesa dello Spirito del Signore. 5. La preghiera di maria: memoriale-compimento-profezia Della preghiera della Vergine abbiamo una sola testimonianza, ma privilegiata: il Magnificat nel quale echeggiano lo spirito e i motivi fondamentali della preghiera d'Israele e nel quale risuona anticipato il canto della Chiesa di Cristo, l'inno dei tempi escatologici. Nel Magnificat sono concentrati i motivi fondamentali della liturgia della comunità primitiva quale appare dai sommari degli Atti (specie At 2, 42‑47) e in particolare dal racconto dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13‑35). La preghiera di Maria si presenta anzitutto come memoriale delle grandi cose compiute da Jahwè a favore del suo popolo. Il Magnificat infatti è memoria storica e attualizzata di quanto Dio ha operato per Israele. In Maria, la serva ‑ protagonista e portavoce del canto ‑ si possono riascoltare gli accenti di Israele, suo servo, finalmente visitato e consolato dal Signore. Il canto della Vergine non è solo ricordo ed annuncio, ma compimento: in esso si celebra l'oggi della salvezza, un evento realmente compiuto nella Pasqua di Cristo che compendia e dà senso all'intera storia salvifica. Tale evento centrale oltre che compimento di annunci, attese e promesse, è anche profezia dell'ultimo giorno, quando il Signore ritornerà trasformando radicalmente tutte le cose. Il Magnificat, canto arcaico ‑ il più antico del Nuovo Testamento, proveniente, col Benedictus, verosimilmente dall'ambiente giudaico palestinese ‑ si presenta come testo eminentemente liturgico, espressione della fede e della preghiera della comunità, che attinge pienezza nello spezzare il pane. In tale contesto, alla luce delle Scritture antiche si interpreta e proclama il mistero pasquale di Cristo: (Annunciamo la tua morte, Signore / proclamiamo la tua risurrezione) e si annuncia il ritorno finale del Cristo glorioso (nell'attesa della tua venuta). La preghiera della Vergine costituisce una sintesi mirabile della preghiera della comunità gerosolimitana delle origini e soprattutto della liturgia della fractio panis. Il fatto che il Magnificat ‑ preghiera ecclesiale in qualche modo tipica ‑ sia stato messo sulle labbra della Vergine fa pensare che la comunità vedeva nella madre di Gesù la testimone privilegiata della storia della salvezza, di cui lo spezzar del pane costituiva l'espressione privilegiata e la sintesi sacramentale. La presenza della Vergine acquista in tal modo densità particolare nella comunità che celebra i misteri della salvezza, nella quale ella è presente come la madre di Gesù, il Risorto, oggetto della fede e del culto della Chiesa che nell'Eucaristia entra in comunione con il suo Signore. 6. La figura di maria Consummatio synagogae: Maria è il punto d'arrivo e il compimento dal punto di vista umano della fede e della spiritualità d'Israele. È la prima di quella schiera di umili e poveri portatori della speranza e delle promesse, di cui fanno parte personaggi come Giovanni, Zaccaria, Elisabetta, Simeone ed Anna e tutti coloro che attendevano la consolazione d'Israele. È la Figlia di Sion dei tempi messianici, vergine, sposa del Signore e madre della comunità rinnovata dallo Spirito del Signore. Sanctae Ecclesiae nova inchoatio: è la prima del Nuovo Testamento, colei che ha creduto ed ha generato il Salvatore per la potenza dall'Alto; è la serva del Signore e la madre del Signore... Ella ha una posizione singolare agli inizi della Chiesa: lo Spirito che un giorno l'ha adombrata, a Pentecoste discende allo stesso modo sugli Apostoli costituendoli annunciatori e portatori di Cristo nel mondo. Come Maria, essi dovranno generare Cristo, il Signore. Si spiega così la presenza non certo occasionale di Maria quale madre di Gesù, il Risorto, nella primitiva comunità gerosolimitana in attesa dello Spirito. Si comprende allora perché in un sommario così breve e sintetico, ella sia presentata in maniera, per così dire, solenne ed ufficiale. E celebrando il memoriale pasquale, la comunità neotestamentaria venera la Gebirah, la Regina madre del Signore risorto. Proclamando la salvezza, fino ai confini della terra, gli Apostoli annunceranno Gesù di Nazaret nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, generato dalla Vergine Maria, come avviene in Lc 1, 32s.35. Nel resto degli Atti non si parlerà più di lei, ma la sua presenza nella comunità delle origini è prolettica a tutto il resto. In tutte le Chiese di Cristo si farà memoria della Madre, come dirà la liturgia antica: celebrando i santi misteri «veneriamo anzitutto la gloriosa sempre Vergine Maria, madre di Dio e del Signore nostro Gesù Cristo».[57] CONCLUSIONE BREVE At 1, 14, pur nella sua laconicità, è un testo di notevole importanza. Certamente viene arricchito e precisato dai sommari successivi, ma già in sé contiene elementi che lo qualificano e caratterizzano nettamente. Esso si segnala per la sua posizione e per i contenuti. Grazie alla sua collocazione, At 1, 14 ha il pregio di essere il primo dei sommari, inserito nella pagina introduttiva degli Atti. Se ogni sommario astrae in qualche misura dagli episodi contingenti e ‑ interrompendo per un istante la narrazione ‑ si sofferma su caratteristiche ed atteggiamenti qualificanti la comunità, ciò è vero in particolare per questo primo brano, che intende presentarci l'immagine della Chiesa ai suoi albori, nella sua identità originaria. La prima pagina degli Atti, lo ribadiamo, anticipa in qualche misura il messaggio e lo svolgimento del libro; d'altra parte, riprende l'ultimo capitolo del vangelo lucano, vale a dire la sua conclusione. Gli Undici formano dunque una comunità in preghiera, ma non sono soli, come non erano soli a Gerusalemme, dopo la risurrezione di Gesù (cf. Lc 24, 33). Evidentemente essi occupano una posizione di privilegio nella comunità delle origini, ma con loro ci sono altre persone che ne condividono in misura e forme diverse i doni e il ministero. Questi personaggi non sono stati nominati antecedentemente, in quel che concerneva il compito apostolico di testimoni ufficiali del Risorto, ma vengono presentati qui ‑ con la loro particolare fisionomia ‑ nella «chiesa» in preghiera, della quale fanno parte insieme con gli apostoli. I sommari seguenti e lo sviluppo del libro degli Atti riveleranno altri importanti aspetti della vita dei credenti, ma in questo primo brano, concernente la comunità apostolica ‑ cellula germinale della Chiesa del Nuovo Testamento ‑ a Luca premeva sottolineare la preghiera, meglio, mostrare la comunità in unanime, perseverante preghiera, insieme con Maria, la madre di Gesù. Di questa preghiera è espressione massima il memoriale del Signore. Si tratta, ovviamente, di una testimonianza fondamentale con la quale, in ogni tempo, la Chiesa è chiamata a confrontarsi. [1] La Bibbia TOB e La Bible de Jérusalem ‑ per citare
due edizioni classiche, così prodighe di puntuali commenti ‑
non dedicano neppure una nota alla presenza di Maria accanto agli apostoli
nella comunità delle origini, mentre invece accennano al gruppo dei
fratelli di Gesù. Allo stesso modo si comportano i commentari, come
quello di C M. MARTINI (Atti degliApostoli. Nuovissima versione della
Bibbia, 7a ediz.) e di G. SCHNE1DER (Gli Atti degli Aspostoli,
I, Paideia, Brescia 1985, p. 286), il quale si limita a segnalare che
qui Maria è chiamata per nome come avviene di solito in Lc I‑II,
a differenza di quanto si verifica generalmente nel resto del vangelo
e degli... Atti (sic!).
Gottingen 71977, p. 194‑197, 228‑231; 238‑241; E. RASCO, Actus Apostolorum. Introductio et exempla exegetica, PUG, Romae 1968, p. 271‑330. Alle ricostruzioni parzialmente discutibili di Benoit, Zimmermann Degenhardt e di altri studiosi, fa da contrasto la posizione di Haenchen, ii quale attribuisce tutto all'attività redazionale di Luca. Su questa linea si colloca anche Schneider (o.c., p. 147s. 396. 527). Più prudente e possibilista appare Rasco, il quale rinuncia alla identificazione precisa dei materiali tradizionali e redazionali.
[10] L'elenco dei membri della comunità radunata intorno agli Undici si trova solo nel nostro sommario: negli altri tre si parla di: «tutti i credenti» (2,44), «moltitudine dei credenti» (4, 32), «tutti» (5, 12). [11]
È da sottolineare l'importanza del v. 42, sia in se stesso sia in rapporto
ad At 1, 14. Collocato in posizione privilegiata ‑ subito dopo
il grande discorso di Pietro e l'adesione alla fede di quasi tremila
persone ‑ il v. 42 presenta una sintesi fondamentale della vita
della comunità primitiva, sintesi che viene commentata nei vv. seguenti
(43‑47), e che costituisce un punto di riferimento decisivo per
la Chiesa di ogni tempo.
[18] È significativo in tal senso, per es., il verbo criv~ che ricorre in Lc 213.20, a proposito della schiera celeste e dei pastori, e in At 2, 47, con riferimento alla comunità che celebra le lodi di Dio.
[26] Questo significato viene marcato ulteriormente quando
‑ come in At 1, 14 ‑ il verbo è in forma perifrastica (4a«v
7rpoaK«pr~powTs`). Tale modalità, nel nostro contesto, ricorre piuttosto
frequentemente: cf. At 1, 13: daav 1rpoaKapTepouvTes; 2, 2 paav K«8gll~vot;
2, 5: ha«v ... K«TOIKO0VTE`; 2, 42: nò«V ~ ~TpO3K«pT6pO~VTE5.
[32] Questo è anche il senso della parallela locuzione perifrastica del v. 14: noc~v ~rpOaKapTepOt>VTEg...
[34] Colpiscono le espressioni parallele: 1, 14: «tutti costoro erano perseveranti o,uoHt>paoóv/ 2,1: erano tutti opo1,nello stesso luogo»; 1,13: la stanza superiore Otù ~oav KaTa,uÉvovTEs / 2,2: la casa Ot) q/Jav KaOn pEVOt. At 2,1 sembra dunque in rapporto con 1,13‑14 piuttosto che con 1,15. In At 2, 1.2b Luca ripete, variando parzialmente i termini, la notizia di 1, 13‑14 che pare sia stata redatta per servire d'introduzione alla storia della Pentecoste. «In realtà, la lista di 1, 13‑14 costituiva la normale introduzione al racconto della Pentecoste; Luca l'ha separata, volendo riferire le circostanze dell'elezione del dodicesimo apostolo, ma questo episodio rappresenta soltanto una parentesi e in esso, la notazione delle 120 persone è, a sua volta un'ulteriore parentesi» (J. DUPONT, La prima Pentecoste cristiana (Atti 2,111), in ID., Studi sugli Atti degli apostoli, Roma 1973, p. 828). [35] At 1,1‑2 richiarna in maniera estremamente concisa ed efficace tutto il contenuto del vangelo, dall'inizio dell'attività di Gesù fino alla sua ascensione. [36] Il capitolo primo, con il suo prologo, rappresenta l'introduzione auna storia, quella degli Atti, che inizia con l'evento della Pentecoste e con il grande discorso inaugurale di Pietro. [37] At 1,3‑11 ricorda quel che Gesù fece e disse dalla risurrezione all'ascensione, riproponendo il contenuto delle ultime pericopi di Lc 24.
[39] La catechesi riguarda il passato e il futuro. In Lc 24, 44 Gesù riprende, attualizzandole, le parole rivolte loro prima del suo «esodo», secondo le quali è necessario (OEt) che si compiano tutte le cose scritte di Lui nella legge, nei profeti e nei salmi. Apre quindi la loro mente alla comprensione delle Scritture: si noti il parallelismo con l'episodio dei discepoli di Emmaus (vv. 25‑27) ai quali apre non la mente, ma le Scritture (v. 32). Nel v. 46 viene riproposto in maniera esplicita il messaggio degli annunci della passione (Lc 33 9, 22; 18, 31‑33), che adesso è divenuto Kerygma pasquale (cf. 1Cor 15,3‑4), ma con un'aggiunta significativa nel v. 47: che nel suo nome sia proclamata a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati (cf. Mc 13, 10, At 26, 23). Questi tre elementi: la passione, la risurrezione e la missione di proclarnare la salvezza alle genti fanno parte degli annunci profetici concernenti il Messia (cf. Is 49, 6 ripreso in Lc 2, 3 ls; At 13, 47; 26, 23; 28, 28). [40] Secondo il vangelo, l'istruzione si svolge alla presenza degli «Undici e quelli che erano con loro» (Lc 24, 33; cf. 24, 9). In At 1, 2 si parla in maniera chiara degli «apostoli che egli si era scelti per mezzo dello Spirito santo». [41] In realtà, Lc 24, 44‑49 ‑ come osserva giustamente Dupont ‑ «non si presenta come un unico discorso, ma come due discorsi», introdotti rispettivamente dalla formula «E disse loro», e separati dalla notizia narrativa del v. 45 (cf. J. DUPONT, a.c., p. 406). [42] Il ritorno a Gerusalemme è presentato con la medesima formula: ~vircaTpetr«v 6tS IepovaaAq,u. Lc 24, 52 sottolinea la nota di gioia: pETaxaPà5 P6yáA~5, che forma inclusione con la grande gioia di Lc 2, 10, annunciata alla nascita di Gesù. Atti 1,12 non mette in rilievo la gioia, essa però si trova, in At 2, 46s, ove abbiamo anche una sintesi della vita liturgica della comunità primitiva. [43] Cf. G. SCHNE1DER, Gli Atti degli Apostoli, I, Brescia 1985, p. 272, nota 2. I vv. 1, 15‑26 costituiscono un «intermezzo»: l'evento di Pentecoste si aggancia ai vv. 1,12‑14. [44] Gli autori rilevano giustamente la grande differenza tra l'accuratezza del testo di At 1, 13‑14, nel presentare gli apostoli, le donne, Maria la madre di Gesù e i fratelli di lui, e la genericità del v. 15b, che si limita ad affermare, come per inciso: «da moltitudine di coloro che erano riuniti era di circa 120 persone».
È vero che in At 14, 4.14 vengono chiamati apostoli anche Paolo e Barnaba; in questi casi ‑ senza parlare di distrazioni dell'autore ‑ bisogna dire che Luca utilizza il termine «apostolo» in un'accezione più ampia. Si noti tuttavia che, secondo il testo occidentale, nel v. 14, è assente la qualifica «gli apostoli», che pertanto potrebbe non essere originale. Si deve però osservare che, in base ai sinottici, non si può sostenere che Gesù, prima di Pasqua, abbia conferito ai Dodici ‑ in forma esclusiva ‑ il titolo di apostoli; ciò, quindi, vale anche per Luca (cf. J. DUPONT, Le nom d'Apótres a‑t‑il été donné aux Donze par Jés?~s?, Bruges‑Louvain 1956, p. 46s). La stessa equazione: Dodici=apostoli non è propria di Luca: si trova anche in Ap 21, 14. «Essa riflette senza dubbio le idee dell'epoca successiva alla scomparsa dei Dodici e corrisponde naturalrnente a una certa tendenza a idealizzarli, tendenza di cui la redazione del terzo vangelo offre più d'un esempio significaúvo» (J. DUPONT, I ministeri della Chiesa nascente, in ID, Nuovistudi, p. 131‑132).
[54] Cf. Lumen Gentium, 55. S. LYONNET, Chaire Kecharitoméne, (Lc 1,28), in Biblica, 20 (1939) p. 131‑141; H. SAHLIN, Jungirau Maria, Dottern Sion, in Ny Kyrilig Tidsbrilt, 8 (1949) p. 102‑124; N. LEMMO, Maria «figlia di Sion», a partire da Lc 1, 26‑29. Bilancio esegetico dal 1939 al 1982, in Marianum, 45 (1983) p. 175‑258. [55] «Ella è reclamata, si direbbe, dal ruolo di primo piano svolto nel vangelo dell'infanzia. Nell'ora in cui nasce la Chiesa... era necessario che Maria fosse citata con il titolo per il quale dev'essere ricordata» (J.‑P. CHARLER, o.c., p. 76). [56] Si osserv~no i significativi contatti tra Lc 1, 35:
«Lo Spirito santo verrà ~ su di te / e la potenza dell'Altissimo ti
coprirà con la sua ombra» e At 1,8: ‑5 «riceverete potenza dallo
Spirito che verrà su di voi». Tra i due testi così disposti è possibile
scorgere anche un'ideale figura chiastica, che rafforza ulteriormente
il parallelismo. Non è pertanto da escludere una «intenzionale rispondenza
tra le due espressioni» (cf. G. SCHNE1DER, o.c., p. 279, nota 37). [57]
Canone Romano.
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